Reviewed by Mario Andreassi, Università degli Studi di Bari "Aldo Moro" (mario.andreassi@uniba.it)
Questo piccolo ma ben organizzato volume offre al lettore la traduzione completa, in italiano, degli Erotopaignia (Giochi d'amore), un'ampia raccolta anonima di 714 versi d'amore scritti in greco demotico e risalente al XIV secolo. Curatore del volume è Lucio Coco, la cui consolidata competenza in ambito bizantino è documentata dalla curatela delle edizioni di diverse opere dei Padri della Chiesa (Giovanni Crisostomo, Evagrio Pontico, Gregorio di Nazianzo, Gregorio di Nissa) e, per i tipi della stessa casa editrice Olschki, delle prime edizioni delle Sentenze morali di Fozio (2011), dell'Elogio del cane di Teodoro di Gaza (2016), dell'epistola di Fozio a Boris di Bulgaria sulla Formazione del principe (2017) e dell'Elogio del vino di Michele Psello (2018). La traduzione degli Erotopaignia è preceduta dall'Introduzione (pp. 5-13) e dalla Bibliografia (pp. 15-16): seppur molto sintetiche, entrambe si rivelano estremamente lucide e di grande utilità per i non pochi lettori incuriositi dall'argomento ma ignari del contenuto e della storia testuale del canzoniere. Proprio l'Introduzione – articolata in tre capitoletti (1. Erotopaignia – Giochi d'amore; 2. La struttura; 3. Edizioni a stampa. Traduzioni) – aiuta a fare luce sul genere letterario a cui questa produzione poetica può essere ascritta, sul titolo, sulla datazione, sulla lingua, sulla formazione e sulla tradizione manoscritta del corpus, che, dopo l'editio princeps di Wilhelm Wagner, apparsa nel 1879 (solo un anno dopo la scoperta del manoscritto londinese che tramanda il canzoniere), ha visto nell'ormai lontano 1913 la pubblicazione dell'ultima edizione, curata da Dirk Christiaan Hesseling e Hubert Pernot. Prezioso per comprendere la struttura e la genesi degli Erotopaignia è il secondo capitoletto, in cui Coco si sofferma, attraverso quattro ulteriori paragrafi interni, sui contenuti dell'antologia. Si apprende così che Giochi d'amore sono costituiti da sei sezioni autonome, che – si legge già nel primo capitolo (p. 8) – sono state assemblate da un riordinatore (diaskeuastés). Le sezioni I (nn. 1-11 [vv. 1-108]), II (nn. 12-26 [vv. 109-139]) e V (nn. 83-100 [vv. 620-669]) sono degli alfabeti acrostici (che tuttavia – come viene sistematicamente segnalato nelle note – non presentano la sequenza completa delle lettere): nella prima e nella quinta serie «viene proposto un contrasto d'amore, mentre la seconda si presenta come una serie di distici […] dove a parlare è solo l'innamorato» (p. 8). La sezione III, gli Hecatologa (Cento parole) (nn. 27-45 [vv. 140-330]), rappresenta il punto centrale – non solo in termini di collocazione editoriale – degli Erotopaignia: all'interno di una cornice narrativa, un giovane innamorato si dichiara a una donna che sembra rifiutarlo a causa della sua giovane età e dell'inesperienza amorosa; il giovane non demorde e, «con degli esempi che valorizzano la dignità dei piccoli» (p. 9), riesce a convincere l'amata, la quale pattuisce che se egli le avesse offerto cento parole, lei lo avrebbe saziato di baci (vv. 192 ss.); inizia così «una serie di strofe disposta secondo un acrostico numerico» (p. 9), prima per singole unità (nn. 28-35 [vv. 198-246]), poi per decadi (nn. 36-45a [vv. 260-318]); grazie alla sua abilità poetica, il giovane conquista l'amata, ma nel finale (n. 45b [vv. 319-330]) esprime un inatteso quanto derisorio rifiuto della donna, la cui spiegazione era forse contenuta nella lacuna che, nel manoscritto, divide la sezione da quella successiva. Le sezioni IV (nn. 46-82 [vv. 331-619]) e VI (nn. 101-110 [vv. 670-714]) dei Giochi d'amore riuniscono poesie sparse, non riconducibili ad acrostici alfabetici o numerici e contraddistinte, pur nella loro frammentarietà contenutistica, dai «temi sentimentali dell'amore lontano» (p. 10) e da un certo «senso di vaghezza, con accenti che rendono in maniera assai poetica quella dimensione di sospensione e di ricerca che caratterizza queste due parti degli Erotopaignia» (p. 11). Merita menzione – ancora all'interno del secondo capitoletto dell'Introduzione – il brevissimo paragrafo «La lingua degli Erotopaignia», che, sebbene in assenza del testo neogreco (unico limite, forse, del lavoro di Coco, anche se verosimilmente addebitabile a criteri editoriali della Collana), fa luce sulle oscillazioni linguistiche del corpus tra la tradizione neolatina – dovuta alla «presenza occidentale (francese, veneziana, etc.) nei territori bizantini successivamente alla quarta crociata» (p. 11) – e i mutamenti linguistici che stavano conducendo al greco moderno. Il terzo capitoletto dell'Introduzione (Edizioni a stampa. Traduzioni) delinea, pur nella sua esigua estensione (pp. 12-13), un limpido prospetto delle traduzioni degli Erotopaignia. In particolare, si apprende che, in ambito italiano, l'unica traduzione completa fin qui apparsa è quella di Vito Palumbo, pubblicata in due successive edizioni (1882, 1912), ma duramente criticata per il suo «fraseggiare che sta fra l'accademico e l'arcadico» (il severo giudizio è di Nicola Festa [1899], citato a p. 13); solo parziali sono invece le traduzioni proposte da Bonghi e dallo stesso Festa in contributi apparsi, rispettivamente, nel 1893 e nel 1899 e puntualmente citati nella Bibliografia (pp. 15-16). La traduzione di Coco – che, come segnalato, non è accompagnata dal testo originale – restituisce, con grande brillantezza formale, un mondo pervaso dall'amore e dalle sue più tradizionali manifestazioni: un eterogeneo campionario di emozioni che, già fissato dalla lirica greca arcaica, ha poi viaggiato attraverso i secoli e i generi letterari (su tutti la commedia Nuova, l'epigramma alessandrino e imperiale, l'epistolografia, ma anche l'elegia latina), fino a giungere al 'romanzo' bizantino e, appunto, ai componimenti di questa raccolta del XIV secolo. Anche il lettore poeticamente meno attrezzato saprà riconoscere, nei Giochi d'amore, dei consolidati topoi amorosi che hanno conosciuto infinite declinazioni e riproposizioni e che ora, contaminati talvolta da suggestioni e simbologie cristiane (nn. 33, 51, 66, 69, 70, 73, 76, 98, 100), tornano qui insistenti e spesso intrecciati tra loro: tra gli altri, si possono citare motivi quali il fuoco d'amore (nn. 12, 16, 17, 18, 29, 30, 40, 71, 76, 77, 81), il bacio e l'abbraccio (nn. 2, 18, 23, 36, 45a, 49, 50, 51, 58, 68, 75, 79, 87, 99, 105, 107, 109), il binomio amore-morte e la sintomatologia patologica dell'eros (nn. 9, 13, 14, 27, 31, 33, 35, 39, 44, 52, 71, 72, 77, 79, 94, 100), le pene d'amore (nn. 18, 27, 45b, 56, 64, 74, 75, 76, 77, 85, 86, 91, 104, 105), la schiavitù/prigionia d'amore e la metafora della caccia (nn. 5, 8, 15, 28, 34, 42, 43, 65, 71), l'invidia altrui per la felicità degli amanti (nn. 6, 7, 47, 88, 89, 102), l'associazione simbolica tra piante/frutti ed eros (nn. 1, 32, 37, 38, 48, 65), il messaggio o la lettera (nn. 22, 24, 46, 59, 77, 95), la bellezza dell'amata, canonicamente eburnea e bionda (nn. 1, 46, 70, 87, 99), la separazione, il tradimento, il rifiuto, l'abbandono (nn. 1, 3, 44, 47, 51, 53, 54, 55, 73, 74, 80, 83, 89, 101, 102, 109) e ancora molti altri. Sarebbe inutile cercare, all'interno di questa miriade di topoi, degli specifici o diretti modelli letterari, né ci prova Coco, con intelligenza metodologica, nelle pagine del suo lavoro. Venuta meno ogni connotazione autoriale, ogni aspirazione all'originalità (a beneficio, invece, della cristallina riconoscibilità della tradizione poetica erotica), il pregio di questa antologia – ed il motivo per cui la lettura risulta oggi oltremodo godibile – è che il sentimento d'amore è protagonista assoluto, universale, anche laddove appare contrastato o dolente: un sentimento vivo, atemporale quasi, e alla fine vincente, capace con la sua leggerezza (soprattutto letteraria) di superare anche le più gravose avversità. La traduzione proposta da Coco e il suo sobrio corredo esegetico contribuiranno meritoriamente alla (ri)scoperta, tra i lettori italiani (ma non solo), di un canzoniere dall'indubbio interesse letterario; proprio dall'edizione di Coco, seppur priva di testo originale, potrebbero derivare – si auspica – nuovi studi, anche di carattere più spiccatamente critico-testuale, su questa antologia da tempo trascurata.
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