Reviewed by Riccardo Vattuone, Università degli Studi di Bologna (riccardo.vattuone@unibo.it)
[Il recensore si scusa per il ritardo.] Probabilmente nel 442, cioè un solo anno dopo quello di Tucidide figlio di Melesia, fu stabilito in Atene l'ostracismo di Damon figlio di Damonide, del demo di Oa, amico di Socrate, uno fra gli uomini più sapienti del suo tempo, come sosteneva Isocrate, e soprattutto ricordato nelle fonti come maestro di Pericle, a lui legato. Di questo straordinario e negletto personaggio si occupa in un saggio recente Robert W. Wallace, nel tentativo, esplicito fin dal titolo di ricostruire i lineamenti di una carriera che intuiamo molto rilevante, ma che sembra sfuggire all'osservazione più diretta (Reconstructing Damon. Music, Wisdom, Teaching and Politics in Perikles'Athens), anche se – come suggerisce il sottotitolo del volume – essa è ritenuta ampia e molto significativa nel V secolo: Damon fu teorico musicale, sofista, politico, maestro di Pericle, in una poliedricità e ricchezza di attitudini che Wallace tenta di restituire nella sua ricerca. Il libro, dedicato a colleghi e amici italiani con cui l'autore ha condiviso opinioni e buon tempo, si articola in due parti la prima (pp. 3-104), formata da quattro capitoli, si prefigge di inquadrare l'identità culturale di Damon, definito persuasivamente un 'sofista', un sapiente (1: pp. 3-19), poi di esaminare le teorie musicali che possono essergli attribuite (2: pp. 23-48 ), in seguito di stabilire il rapporto fondamentale fra musica e politica (3: pp. 51-64), infine di esaminare la 'fortuna' del sofista, cioè la sua sorte dopo Platone e nella controversia, non certo sopita, circa la sopravvivenza di un discorso Areopagiticoche si è creduto di poter individuare in pagine frammentarie di Filodemo (4: pp. 77-100). Le conclusioni che si traggono al termine di questa prima sezione del libro (pp. 101-104) riassumono efficacemente i risultati della ricerca, la sostanziale dipendenza delle nostra conoscenze dalle riflessioni di Platone, il rapporto straordinario fra teoria musicale, politica e oratoria, e la dimensione sofistica – se si può dire così – del contributo di Damon alla storia del pensiero, con un'attenzione straordinaria alla psicologia, allo studio dei movimenti dell'anima e di ciò che può influire sulle decisioni e le vicende umane. La seconda parte del volume (Testimonia and Commentary: pp. 107-181) consiste nella edizione, traduzione e commento di cinquanta 'testimonianze' sulla vita di Damon (A 1-25) e sulle sue 'teorie' (B 1-18), a cui si aggiungono due testi sui suoi 'followers' (C 1-2), altre tre testimonianze che potrebbero riflettere una sua influenza in autori contemporanei e successivi (D 1-3), infine due brani di presunta derivazione damoniana (E 1-2). Si tratta di una cinquantina di testimonianze, senza che si possa parlare in nessun caso di frammenti perché non ci sono rimaste parole o frasi che si possano, secondo una distinzione classica, attribuire a un'opera specifica o far risalire a espressioni del sapiente. Questa seconda parte, come si può facilmente evincere, costituisce il fondamento della prima: ogni argomento importante trattato ed esposto nella sezione iniziale è argomentato e motivato dalla lettura dei testi e dal loro commento puntuale. È possibile quindi ricostruire i risultati della ricerca enunciati all'inizio, rileggendo il cammino che Wallace ha intrapreso. Il volume è arricchito da quattro appendici (pp. 183-205) che si occupano di temi già discussi, ma meritevoli di separato approfondimento (la possibile pubblicazione delle opere del sofista, la cronologia che lo riguarda, il rapporto fra la sua teoria musicale e il Pitagorismo, e infine alcune questioni minori relative alla biografia di Damone, alla prassi musicale e alla terminologia etica e musicale). Una tavola di conguaglio delle edizioni delle testimonianze con quelle di Diels-Kranz, Lasserre, Wilamowitz (pp. 207-208), un'ampia bibliografia (pp. 209-218) e accurati indici (generale e dei luoghi: pp. 219-223) completano questo libro ricco e importante. Il proposito essenziale di Wallace – come si evince facilmente dal sommario della sua ricerca – è portare in adeguata luce un autore che l'antichità conosceva per lo meno fino al IV-V secolo e che, per varie vicissitudini, è stato dimenticato fino alla fine del XIX secolo. Ricollocare Damon nel contesto culturale del V e IV sec. a.C. come teorico musicale e 'sapiente' significa anche riaprire una riflessione molto utile sul rapporto fra politica, retorica e musica insistendo sull'influenza della parola 'armonica', sulla melodia verbale come strumento di peitho. Riconoscendo il debito essenziale che la nostra conoscenza di Damon ha verso Platone, Wallace attinge anche a documentazione di V secolo a.C. per mostrare quel legame, e in modo assai concreto il valore di quel legame nel rapporto che il sofista ebbe con Pericle e l'Atene del suo tempo. Il riflesso più forte dell'insegnamento del maestro sul politico si ha, a mio avviso, nel capitolo 15 del bios pericleo di Plutarco, anche se Damon non è citato esplicitamente: l'autore intravede nella biografia 'spezzata' del figlio di Santippo un'ulteriore cesura: dopo l'ostracismo di Tucidide figlio di Melesia da Atene (444/43) Pericle – sostiene Plutarco – mutò il suo atteggiamento verso il demo, cessando di essere condiscendente, pronto a cedere alle sue voglie e ai suoi desideri, così come era avvenuto prima, trasformando la democrazia simile a "una musica smagliante e languida" in un governo aristocratico, vale a dire in un regime in cui il leader non insegue più i capricci del popolo, ma lo trascina dove egli desidera e ritiene più opportuno. L'analogia musicale non è fine a se stessa, e lo si comprende poco dopo (15.2), quando si sottolinea come Pericle, dopo quella data, iniziò a tenere a freno le passioni di demo, i suoi variabili umori, tramite l'uso sapiente della parola, dell'arte del dire che incide sui comportamenti dei cittadini, sui loro sentimenti "che sono come le corde e i suoni dell'anima e che necessitano di essere tese e rilasciate con grande armonia". Il credito di cui Pericle godette in città – è ricordato subito dopo chiamando in causa Tucidide 2.65.8-9 – si fondava su quella potenza verbale che fu parodiata dai comici e che fu ritenuta persino responsabile della guerra con Sparta, scatenata anche per motivi privati che il biografo non rinuncia certo a segnalare (31.2 s.). La teoria 'etica' della musica a cui Wallace dedica forse le pagine più belle del suo libro (cap. 2) ha quindi una forte componente politica su cui l'autore riflette nel capitolo 3, affrontando anche il tema dell'ostracismo del sapiente, maestro dell'Alcmeonide. Wallace a ragione si sforza di dimostrare che le innovazioni musicali introdotte da Damon e accolte in qualche modo da Pericle, come la costruzione stessa dell'Odeion e la modifica delle competizioni musicali, resero il sofista inviso al popolo. Il demo probabilmente non amava l'eccellenza intellettuale del personaggio e la sua audacia tecnica, e temeva le pericolose novità che egli poteva introdurre, novità che a loro volta avrebbero potuto influenzare il punto di vista politico dei cittadini: cambiare, magari attraverso acute intuizioni e proposte, non era ben visto dal popolo a cui Pericle si era appoggiato negli anni quaranta, nella sua lotta contro la parte avversa. Aristotele suggerisce che Damon ispirò una politica democratica più radicale, per altro favorevole al demo, e spinse il suo allievo Pericle a competere con la magnanimità munifica di Cimone attraverso il denaro della polis: perciò Pericle "propose di dare ai molti ciò che loro apparteneva", e fu così– aggiunge Aristotele – che fu istituita la paga per i giudici dei tribunali (Arist. AP 27.4). È affascinante pensare, anche se non semplice da dimostrare, che l'espressione didonai tois pollois ta auton ("dare ai molti le loro cose") fosse uno slogan in qualche modo pensato e stabilito dal sofista che cerca di 'equilibrare" il ruolo di demo rispetto alla ricchezza degli ottimati, e cioè di finanziare la gran parte dei cittadini ('i molti') con danaro pubblico attraverso le timai.1 Damon fu ostracizzato da Atene probabilmente nel 442 e Aristotele ritiene che causa fu la sua influenza su Pericle (AP 27.4). Non si tratta di un dato facile da comprendere. Wallace tutto sommato non si sofferma in particolare su questo aspetto, inquadrandolo per altro assai bene entro quel rapporto così stretto fra teorie musicali e politica di cui sopra si è detto: se è vero che Pericle assunse un ruolo assai più significativo in Atene dopo il 444/3, eliminata l'opposizione oligarchica, e se si conviene che Damon fu al fianco di Pericle nell'opposizione ai cimoniani e alla loro etica e prassi politica fatta di elargizioni e di munificenza paternalistica, non è facilmente comprensibile perché soltanto due anni più tardi Damon cada nella stessa trappola dell'ostracismo, e ancor più perché Pericle non sia stato in grado di evitarglielo difendendolo. Di fatto Damon, come i presunti altri famosi membri del 'circolo degli amici' dell'Alcmeonide,2 fu abbandonato dal leader al suo destino. E a questo riguardo mi sembrano possibili soltanto due eventualità per spiegare storicamente l'ostracismo: o Pericle dopo il 444/ 43 non aveva affatto il controllo della vita politica interna ateniese a soltanto due anni di distanza dalla cacciata di Tucidide ovvero, nel clima politico ancora arroventato di quegli anni, per il Pericle 'aristocratico' di Plutarco (Per.15.2), ormai senza avversari in grado di opporsi alla sua politica, fu necessario liberarsi degli aspetti più radicali dell'attività di consigliere e di guida del maestro. Entrambe le possibilità ci lasciano intendere che Pericle comunque non dovesse ancora avere, se mai lo ebbe dopo, un controllo pieno della politica ateniese quale a volte si suppone. Sembrerebbe ripetersi a non molti anni di distanza, per altro con modalità molto diverse, il contesto politico in cui fu travolto Efialte. Ulteriore eventualità è che la data dell'ostracismo di Damon sia un'altra, ma Wallace tende a escluderlo con un'ampia discussione sulla 'cronologia' del personaggio: "sometime between 445 and 441 – most probably in 442 – Damon was ostracized" (p.193), ed è anche evidente che la preferenza accordata al 442 per ragioni non del tutto cogenti colloca comunque l'evento in quella vera e propria battaglia per la ricostruzione degli edifici sull'Acropoli ( e altrove in Attica) che fa da sfondo al contrasto 'epico' fra Pericle e Tucidide di Melesia. È possibile che il radicalismo di Damon – così come si è suggerito sopra – testimoniato dallo slogan che apre alla paga dicastica, unito all'insofferenza di demo verso le sue 'novità' in campo musicale, abbia prodotto la sua espulsione da Atene in un contesto che parzialmente si riequilibra dopo l'allontanamento di Tucidide e degli oligarchi.3 Per altro Damon rientrò in Atene scontato l'esilio e vi proseguì la sua attività culturale. Il libro di Robert Wallace è più ricco di spunti e di osservazioni di quanto qui si possa riferire: non solo offre una riflessione importante sulla cultura letteraria e filosofica del V secolo, ma fornisce argomenti di riflessione anche a chi affronti il periodo da un punto di vista storico, al di là di aspetti aneddotici che coinvolgono il bios di Pericle. Di particolare rilievo è l'edizione e il commento delle singole testimonianze, accresciute di numero rispetto alle edizioni precedenti. Non credo che si potrà fare a meno di leggere questa ricerca per studiare la politica ateniese dell'epoca, gli aspetti istituzionali che la riguardano e il ruolo rilevante della musica e della teoria musicale sulle dinamiche di acquisizione del consenso e di persuasione.
Notes:
1. Vd. L. Kallet, "The Origins of the Athenian Economic arche", JHS 133 (2013), pp. 43-60.
2. Nutre dubbi su questo 'circolo' di philoi, a ragione V. Azoulay, Pericles of Athens, translated by J. Lloyd, foreword by P. Cartledge, Princeton and Oxford 2010, pp. 89 s.
3. Ho affrontato questo ordine di problemi, seppure in breve, in Pericle, Bologna 2017, pp. 83 s.
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