Reviewed by Massimiliano Di Fazio, Università di Pavia (max.difazio@gmail.com)
[The Table of Contents is listed below.] Il volume in esame raccoglie i contributi presentati in un panel alla quinta 'Celtic Conference in Classics' (Cork 2008). Il volume è incentrato su una questione messa in evidenza con chiarezza dai due curatori nell'ampia introduzione: si tratta del concetto di 'aristocrazia' e del suo utilizzo in ambito antichistico. 'Aristocrazia', questa la tesi di fondo, sarebbe un termine solo raramente utile per l'analisi delle lotte politiche e degli sviluppi storici del mondo antico. Inoltre, lo studio di questi temi richiede una analisi attenta della natura delle disuguaglianze sociali, piuttosto che generalizzazioni sulla natura delle élites e delle loro ideologie. Nell'Introduzione viene anche messo in luce un tema che è forse tra i più interessanti del volume: nello studio delle classi aristocratiche del mondo antico, gli studiosi si sono lasciati talvolta condizionare dall'immagine medievale e moderna della nobiltà, assumendone anacronisticamente alcune suggestioni. Tra i problemi che ne derivano, vi è la tendenza a considerare la classe aristocratica come una élite chiusa, basata sulle condizioni di nascita, e pertanto fortemente esclusiva. In realtà, i saggi raccolti nel volume dimostrerebbero che nel mondo antico sono pochi i casi in cui s'individua una classe ristretta in grado di trasmettere il potere per via ereditaria attraverso più generazioni (due eccezioni sono i Bacchiadi a Corinto e i patrizi a Roma: p. 7). Ancora una volta, il mondo antico appare più fluido rispetto all'immagine tendenzialmente statica che i nostri modelli interpretativi tendono a ricostruire. Il che, a dire il vero, vale per pressoché ogni modello interpretativo. Dopo l'introduzione, i saggi sono distribuiti in quattro sezioni. La prima, 'Elites in the Ancient Mediterranean: Approaches and Models', consta di tre contributi. Il primo, di Alan Duplouy, è uno sviluppo della monografia dello stesso A. (2006), che viene discussa anche in altri contributi del volume, e il cui tema di fondo è che lo status sociale nella Grecia arcaica e classica non è un attributo fisso, di nascita, ma va guadagnato. In questo nuovo saggio, Duplouy si sofferma sulle strategie attraverso le quali le élites greche riuscivano a rinforzare il loro status, e prende in esame in particolare il valore delle performance e delle genealogie. Interessante la distinzione operata tra strategie 'retrospettive', come quella genealogica, e strategie 'prospettive'. Tra le prime s'individua una casistica che va da genealogie finte alla realizzazione di immagini degli antenati, alla spinosa questione dei patronimici. Le strategie prospettive, invece, sono 'processi di riproduzione sociale' (espressione ripresa da Pierre Bourdieu), intesi a garantire ai propri discendenti lo stesso status sociale. Proprio perché lo status doveva essere costantemente confermato e rinegoziato, secondo l'Autore, rinforzare il proprio rango sociale era una vera e propria ossessione nel mondo greco. Ciò conferma l'ipotesi che non esistesse un'aristocrazia intesa come gruppo chiuso, e che l'accesso ai ranghi elevati della società era aperto agli individui intraprendenti. In uno dei pochi saggi non di ambito greco, Guy Bradley esamina il concetto di aristocrazia in Roma arcaica e più in generale nell'Italia centrale. Tra i numerosi spunti d'interesse, il saggio di Bradley solleva una questione importante, ovvero il concetto di 'classi sociali' nel mondo antico, concetto che in effetti risulta di difficile applicazione alle realtà greca e romana; ciononostante, Bradley sostiene (giustamente, credo) che sarebbe comunque inutile eliminare del tutto il termine 'classe', che mantiene una sua utilità, purché definito in maniera sufficientemente precisa e ristretta. Stesso discorso, secondo l'Autore, vale per il termine stesso di 'aristocrazia': l'importante è avere coscienza dei limiti di queste etichette, e utilizzarle come tali. Con questa premessa, Bradley riesce ad utilizzare in maniera proficua anche gli studi sulle aristocrazie in età medievale e moderna per mettere in luce alcuni aspetti delle 'aristocrazie' dell'Italia antica, come il fenomeno della 'self-image' con cui le élites si autodefiniscono. Il saggio di Bradley è una interessante e documentata carrellata che si muove bene tra documentazione archeologica e letteraria. Il risultato, anche in questo caso, mette in luce società più aperte e mobili di quanto spesso si tenda a considerare. Al mondo romano dell'età del Principato è dedicato il saggio di Laurens E. Tacoma. Il concetto di mobilità, anche in questo caso, è al centro del ragionamento. In maniera arguta, Tacoma inizia riflettendo sul titolo del proprio contributo, e sottolineando come i tre termini utilizzati ('Elite', 'Mobility', 'Roman') possano tutti e tre essere messi in discussione: procede dunque in tre paragrafi a discutere queste etichette, utilizzando esempi tratti da varie regioni dell'Impero, in particolare dall'Egitto. Nel contributo sono toccati temi come i meccanismi di accesso ai livelli alti della società, e l'utilizzo della cultura per rinforzare la superiorità delle élite. La seconda parte del volume è dedicata a 'Heredity and social mobility at Athens'. Ne fanno parte tre saggi che almeno in parte dialogano tra loro. Antoine Pierrot esamina il caso degli Eupatridi nell'Atene arcaica, ribadendo la visione tradizionale che li considera un'antica classe aristocratica ateniese che aveva il monopolio del potere politico e religioso. Il saggio di Pierrot discute alcuni studi recenti, in particolare di Duplouy (che è tra gli autori del volume), secondo cui gli Eupatridi sarebbero frutto di una ricostruzione – una 'reinvenzione' – di tipo propagandistico da collocare alla fine dell'età arcaica. Secondo Pierrot, invece, una classe aristocratica di stampo ereditario doveva esistere, prima di essere smantellata da Solone. Rimanendo sempre ad Atene, Stephen Lambert introduce il tema della mitologia e dell'uso che i gene attici ne fanno al fine di rinforzare le proprie ambizioni di potere e di continuità nel tempo. Il saggio è corredato da un'ampia tabella riassuntiva dei miti di origine dei vari gene ateniesi. Chiude la parte ateniese Noburu Sato, che indaga i meccanismi di potere aristocratico da un punto di vista originale e poco esplorato: le relazioni diplomatiche. Anche in questo caso, l'analisi della documentazione porta a riconoscere una società piuttosto aperta e fluida: anche se in teoria le connessioni tra aristocratici ateniesi e stati stranieri erano ereditarie, in realtà non erano esclusive ma aperte a eventuali nuove famiglie emergenti. Con la terza parte del volume ci si sposta in area egea. Uno dei curatori del volume, Nick Fisher, prende in esame il caso di Egina e in particolare valori e pratiche aristocratici nelle opere di Pindaro: il saggio analizza la questione della condizione sociale degli atleti egineti e dei loro allenatori. La fragilità dell'etichetta 'aristocratica' emerge ovviamente in maniera netta anche in questo saggio filologicamente ben condotto, anche se una divisione in paragrafi avrebbe giovato alla sua leggibilità. Olivier Mariaud ci porta a Samo per presentare novità interessanti sulla storia sociale dell'isola partendo da un importante monumento: il cosiddetto 'tumulo di Megas'. Una riconsiderazione del monumento, dei materiali, e della documentazione di scavo, permette all'Autore di collegare il tumulo ad un'iscrizione già nota (IG XII 6.2.626) che contiene un epitaffio funerario in forma genealogica: lo strumento genealogico, nell'ipotesi dell'Autore, sarà servito a sostenere una cittadinanza ancestrale nell'ambito delle lotte tra fazioni rivali che caratterizzano la Samo arcaica. Ci si sposta a Creta con James Whitley, che mette al centro la questione dell'austerità di rappresentazione delle élites cretesi tra settimo e sesto secolo a.C. Una ragionata analisi della documentazione archeologica porta alla conclusione che le 'aristocrazie' cretesi di quel periodo erano più chiuse e impermeabili alle influenze esterne rispetto ai loro 'colleghi' del resto della Grecia, e mostrano piuttosto una tendenza a conservare prerogative e proprietà familiari. La quarta ed ultima sezione del volume sposta l'attenzione sulle élites greche fuori dalla Grecia. Thomas J. Figueira analizza il tema della colonizzazione e dell'integrazione delle élites in epoca arcaica. L'Autore apre il saggio riflettendo sul termine 'aristocrazia', e sostenendo che l'esistenza di 'aristocrazie' arcaiche è discutibile, ma tuttavia rimane l'esigenza di avere un termine che descriva «political orders characterized by inherited political or social elites»: a tal scopo l'etichetta aristocratica è tutto sommato ancora utile. Il centro del suo saggio è il comportamento delle élites in contesti coloniali. L'Autore propone di vedere nelle colonie una valvola di sfogo per élites sotto pressione e un metodo di reazione alla domanda di maggiore partecipazione sociale da parte di classi emergenti. Anche in questo caso si ha a che fare con un'etichetta, quella di 'colonizzazione' che necessita di specificazioni, come noto, e l'Autore non si sottrare a questo dovere. L'analisi dei casi di colonizzazione arcaica, dal carattere socialmente composito, mostra che i coloni tendevano a mantenere lo status quo sociale e politico di origine. In un saggio per certi versi parallelo a quello di Figueira, Gillian Shepherd indaga i modi attraverso i quali le idee di aristocrazia, élite e mobilità sociale possono aver funzionato in una società greca di tipo diverso dalla madrepatria quale quella della Sicilia arcaica. Un'attenta analisi a cavallo tra archeologia e fonti letterarie porta alla conclusione che fin dagli inizi le colonie greche in Sicilia sono caratterizzate da competizione sociale e lotta per la preminenza, che però diventano ancora più forti nel corso del sesto secolo a.C. In un contesto di classi sociali mobili e tutt'altro che rigidamente fissate, la ricchezza gioca un ruolo essenziale nel fornire alle classi sociali la forza di elaborare e poi mantenere la loro condizione di supremazia, attraverso il solito meccanismo dell'ostentazione di rango: ostentazione fondamentale in quanto la posizione di queste élites doveva essere costantemente ribadita a fronte di una crescente competizione sociale. In conclusione, si tratta di un volume di notevole interesse per coloro che s'interessano di storia sociale del mondo antico. E, dal momento che la storia sociale è un aspetto cruciale della storia tout court, questa raccolta di saggi può risultare interessante per un pubblico più ampio di studiosi. Più o meno tutte le relazioni affrontano la questione centrale su un piano metodologico e di riflessione teorica, e più volte sono presenti riferimenti agli altri saggi del volume (che, ricordiamo, erano stati presentati alla conferenza di Cork): ciò conferisce coerenza al volume. Altro merito dei curatori è di aver riunito studiosi di formazione e orientamenti diversi, il che lascia anche giustamente spazio a posizioni contrastanti: il lettore ha così modo di farsi un'idea completa del dibattito sui temi trattati nel libro. Gli spunti d'interesse sono numerosi, ed è impossibile raccoglierli tutti in una recensione. Questa raccolta di saggi fa riflettere, tra le altre cose, sull'importanza di valutare criticamente le etichette che spesso utilizziamo in ambito antichistico. La riflessione critica sul concetto di aristocrazia potrebbe infatti essere estesa ad altri concetti simili. Cito per tutti il concetto di gens, tradizionalmente accettato per il mondo romano (e non senza critiche: si veda C.J. Smith, The Roman Clan, Cambridge 2006), ma spesso impiegato in maniera quasi meccanica anche per descrivere la struttura sociale di altre culture che si presumono analoghe a quella romana, come gli Etruschi. Un tema sottolineato in molti contributi è che l'aristocrazia non è legata a lignaggio ma piuttosto alla ricchezza e alla sua esibizione. A ciò si collega necessariamente il rapporto complesso che le élites sia greche che romane hanno col commercio. Per questo aspetto, che nel libro è affrontato regolarmente sul piano sociologico, sarebbe stato forse utile un ricorso più ampio a studi di storia dell'economia antica: penso all'importante saggio di Aldo Schiavone, La storia spezzata (Torino 1996; tr. inglese The End of the Past, Harvard U.P. 2002) che affrontando il caso dei rapporti tra nobiltà romana repubblicana e commercio offre utili spunti di confronto a livello teorico. Se una critica può essere mossa, è che i saggi sono poco aggiornati. Come spesso succede, ritardi vari hanno fatto sì che le relazioni fossero pubblicate solo a distanza di anni. Ciò però non toglie nulla all'interesse complessivo e alla qualità mediamente elevata dei contributi raccolti. Il volume è ben curato e pressoché privo di refusi (andrebbe corretto, nel saggio di Fischer, il nome di Privitera, che è scritto 'Privatera' sia nel testo che in bibliografia).Table of Contents
INTRODUCTION
1 The trouble with 'aristocracy'- Hans van Wees and Nick Fisher 1
PART I: ELITES IN THE ANCIENT MEDITERRANEAN: APPROACHES AND MODELS
2 Genealogical and dynastic behaviour in archaic and classical Greece: two gentilician strategies - Alain Duplouy 59
3 Investigating aristocracy in archaic Rome and central Italy: social mobility, ideology and cultural influences - Guy Bradley 85
4 Roman elite mobility under the Principate - Laurens E. Tacoma 125
PART II: HEREDITY AND SOCIAL MOBILITY AT ATHENS
5 Who were the Eupatrids in archaic Athens? - Antoine Pierrot 147
6 Aristocracy and the Attic genos: a mythological perspective - Stephen Lambert 169
7 'Aristocracy' in Athenian diplomacy - Noboru Sato 203
PART III: COMPETITION AND STRATIFICATION IN THE AEGEAN
8 'Aristocratic' values and practices in ancient Greece: Aegina, athletes and coaches in Pindar - Nick Fisher 227
9 Honour and genealogy: Megas, his ancestors and strategies of social differentiation in Samos - Olivier Mariaud 259
10 Agonistic aristocrats? The curious case of archaic Crete - James Whitley 287
PART IV: GREEK ELITES OVERSEAS
11 Modes of colonization and elite integration in archaic Greece - Thomas J. Figueira 313
12 The emergence of elites in archaic Sicily - Gillian Shepherd 349
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