Reviewed by Giulia Pedrucci, Università degli Studi di Bologna (giulia.pedrucci@unibo.it)
Questo libro è una mappa della cultura religiosa della Sicilia antica fino all'affermarsi del cristianesimo: un mosaico di culti indigeni, fenicio-punici, greci, romani e orientali, che non di rado davano vita pure a particolari sincretismi. La loro coesistenza trovava una giustificazione nella centralità dell'Isola1 nel Mediterraneo, che la rendeva crocevia privilegiato di popoli con culture e credenze religiose diverse. (p. 9)
Non è facile recensire un libro come Culti e miti della Sicilia antica e protocristiana di Roberta Rizzo: si oscilla costantemente fra la profonda e sincera ammirazione per la puntuale e appassionata ricerca filologica che ne rappresenta la base e la principale ragione d'essere e per il paziente e invidiabile rigore con cui il materiale è stato raccolto e catalogato, e l'inclinazione dello storico delle religioni a mal tollerare certe semplificazioni metodologiche e certe banalizzazioni terminologiche.
Non sfugge, ovviamente, che le suddette banalizzazioni e semplificazioni sono funzionali a un'opera divulgativa e compilativa di così ampio respiro come quella di Roberta Rizzo; alcune, però (per es., sincretismo, persistenze ), assieme a una bibliografia per alcune problematiche non aggiornatissima, suscitano talvolta disagio nel lettore un po' avvertito ed esigente.
Non ci soffermeremo sulle singole voci (330, per l'esattezza), molto curate, ordinate alfabeticamente e corredate di un apparato di note in cui si trovano i riferimenti sia alle fonti che alla bibliografia. Tutte le varie "indicazioni per l'uso" (quali traslitterazioni, omonimi, dei greci e corrispettivi dei romani) sono offerte all'inizio dalla studiosa stessa. Non mancano divinità poco note e attestate, come Pediò, eroi poco famosi, come Panope, e figure del mito secondarie, come Pandaro; non mancano indici ricchi e redatti con cura alla fine del volume. Particolare attenzione viene data all'interpretazione razionalistica del mito e alla sua utilizzazione in chiave allegorica. Di interesse lo spazio riservato alla toponomastica.
Limitiamoci a un solo esempio, quello di Demetra, dea particolarmente importante per l'isola. La voce si apre con una breve "biografia" della divinità, segue una concisa ma dettagliata analisi di tutte le fonti relative al suo mito. Ci si sofferma, poi, su alcune peculiarità del culto in Sicilia, per poi passare alla descrizione delle Tesmoforie sull'isola (con confronto con le corrispondenti festività ateniesi). Si passa alla descrizione dei principali luoghi di culto, corredata da alcune notizie sulle fonti archeologiche (comprese quelle numismatiche ed epigrafiche). La voce si chiude con l'allusione alle "sopravvivenze" del culto demetriaco nelle feste cristiane.
Quello che ci permettiamo di criticare al volume in questione, non dimentichi però delle premesse fatte, è una certa impostazione tanto cara a lavori non propriamente attenti ed aggiornati con le attuali problematiche scientifiche, già chiaramente evidente nella bandella del libro: "tuttora in Sicilia si respira aria di mito fra i ruderi antichi, nelle sale dei musei, nelle leggende e nelle tradizioni. Nella stessa bandiera siciliana si è voluto effigiare al centro della triscele, che è il simbolo dell'Isola, la testa della Gorgone: un'immagine con un valore sicuramente apotropaico, ma che rappresenta la forza imperante e durevole del mito"
La tradizione di riferimento è ovviamente quella "continuista" che da Giuseppe Pitré arriva fino a Giuseppe Martorana e a molti altri studiosi (come Maria Adele Di Leo, soltanto per fare un nome), passando per Hugo Rahner. Si cita nell'introduzione anche Giuseppe Cocchiara, a nostro avviso a sproposito in questo determinato contesto, in quanto non ci pare che Cocchiara e Martorana si siano mossi nella medesima direzione, essendo il primo, con sorprendente acume e lungimiranza, già straordinariamente vicino a posizioni come quella di Nicola Cusumano, che, in un suo contributo incentrato sull'opera di un altro insigne storico delle religioni, Angelo Brelich, afferma: "Se noi invece estrapoliamo singoli elementi da contesti diversi troveremo sempre qualche continuità, cioè troveremo sempre quel che vogliamo trovare. Ma cosa ha a che fare questo col sapere storico?" 2 Va, però, con forza sottolineato che intervenire su questioni storico-religiose della portata del " passaggio dalla paganitas alla christianitas" non è lo scopo del libro.
In breve, Culti e miti della Sicilia antica e protocristiana è uno strumento utilissimo per chi voglia intraprendere un qualsiasi studio storico-religioso sulla Sicilia, con i più tipici pregi e difetti delle opere a taglio "enciclopedico" e divulgativo. Il fatto che il libro in questione sia da considerare la base per ulteriori studi è, d'altronde, confermato anche nell'entusiastica premessa di Antonino Buttitta, a proposito dell'inconsistenza della rappresentazione della storia culturale del Mediterraneo come un confronto fra una supposta cultura indeuropea e culture indigene: potendo ipotizzare una diversa ricostruzione storica del cosiddetto Occidente, sarebbe, secondo Buttitta, auspicabile "leggere in modo diverso i miti e i culti dei quali Roberta Rizzo ci offre con questo volume un lessico esemplare"
Notes:
1. Ostinatamente in maiuscolo, in questa come in tante altre opere di argomento siciliano.
2. N. Cusumano, ''Una storiografia a rovescio' . A. Brelich e la religione greca in Sicilia " in Lancellotti M.G.-Xella P. (a cura di), Angelo Brelich e la storia delle religioni: problemi e prospettive. Atti del Convegno di Roma, 3-4 Dicembre 2002, Verona 2005, pp. 83-106. Per quanto concerne Giuseppe Cocchiara, ci si riferisce in particolare a: "Paganitas. Sopravvivenze folkloriche del paganesimo siciliano " Kokalos 10-11, 1964-1965, pp. 401-12.
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