Reviewed by Alfonso Natale, Università di Salerno (anatale@unisa.it)
[L'indice dettagliato è alla fine della recensione.] Sin dalla premessa alla sua edizione di Simonide, Orlando Poltera rivela l'intenzione di colmare una lacuna negli studi simonidei: osservando come negli ultimi decenni, a fronte di una sempre maggiore attenzione alla produzione elegiaca del poeta, l'attenzione della ricerca ai frammenti lirici sia stata minore, egli sostiene l'utilità una nuova edizione, che dia conto, a un quarantennio di distanza dalle edizioni 'canoniche' del Page (PMG, 1962, e SLG, 1974), del dibattito critico sul Simonide 'lirico'. La penultima edizione del poeta è stata, com'è noto, quella di Campbell (Greek Lyric III, 1991), che spesso ricalca le scelte ecdotiche di Page, ne lascia intatta la numerazione, ma vi aggiunge la traduzione in lingua moderna. Poltera, a differenza dei suoi predecessori, si dedica ad un solo poeta e realizza un'edizione 'monografica',1 anch'essa corredata di traduzione (sia delle testimonianze che dei frammenti), e di un ampio e dettagliato commento, e usa una nuova numerazione che finalmente supera il doppio (o triplo)2 sistema finora in vigore (frr. 237-323, se pubblicati in PMG, frr. S 319-S 386 se pubblicati in SLG). Come indicato già nel titolo dell'opera, alla raccolta dei frammenti melici è premessa quella delle testimonianze relative a Simonide (T 1-T 101), molto più ampia di quella proposta da Campbell, e comprensiva anche di alcuni luoghi inseriti da Page tra i frammenti (ad esempio, le testimonianze de metro tratte dai grammatici latini: T 11-T 15).3 Tali testimonia, privi di apparato critico e di commento, sono ordinati dal più al meno attendibile: quelli relativi all'arte precedono quelli sulla vita, che secondo Poltera possono contenere alcune notizie non autentiche, in conseguenza del precoce sorgere di una leggenda sul poeta.4 I frammenti sono preceduti ciascuno dallo schema metrico, e corredati di tre apparati (in modo analogo all'edizione voigtiana dei poeti lesbii): delle fonti, dei loci similes, e critico.5 Quest'ultimo è tendenzialmente positivo e meno essenziale di quello di Page; le congetture più antiche non sempre sono menzionate, la storia dell'ecdotica è tuttavia trattata, almeno in parte, nel commento. Per i frammenti papiracei sono in genere riportate le proposte di integrazione non recepite nel testo. Nella sezione dedicata al commento, Poltera esamina per ciascun frammento lo stato della tradizione, il contenuto e la struttura generale, e la struttura metrica. Segue l'analisi dettagliata delle singole parole (o sintagmi), che offre lo spunto per riflessioni di tipo linguistico, e consente allo studioso di difendere, se opportuno, le sue scelte ecdotiche. I riferimenti bibliografici sono costanti, e rendono il commento di Poltera un punto di partenza ottimale per lo studio dei frammenti simonidei, anche qualora non si condividano le sue conclusioni. Molta attenzione è dedicata al genere letterario a cui appartiene il carme da cui è tratto il frammento: anche quando esso non può essere stabilito con certezza, Poltera passa in rassegna le varie proposte della critica, indicando quella che gli pare più probabile. In base al genere letterario, d'altra parte, sono ordinati i frammenti, sulla falsariga dell'edizione di Page, ma con delle modifiche: entrambe le raccolte cominciano con i frammenti degli epinici, ma Poltera colloca all'inizio quelli relativi a vittorie conseguite nella quadriga, che reputa la gara più illustre, per seguire poi un ordine di importanza decrescente. Nella sezione del commento dedicata alla metrica, oltre all'analisi della singola sequenza, Poltera non manca mai di indicare, ogni volta che ci siano elementi di giudizio, i presumibili confini di verso (in senso boechkiano) e l'eventuale suddivisione strofica, in tal modo fornendo un utile sussidio. Per l'interpretazione metrica il lettore può avvalersi del Conspectus metrorum memorabilium (pp. 24-25), che raggruppa alcune sequenze attestate nei frammenti simonidei in base al genere di appartenenza: dattilo-epitriti (per i quali Poltera usa le sigle maasiane), eolici, cretici, giambi-trochei-coriambi-bacchei,6 ionici, docmi, anapesti. Mi sembra utile segnalare sia la distinzione che Poltera propone fra la componente 'e' dei dattilo-epitriti e il cretico (in quanto sequenze di analoga struttura, ma di genere diverso), sia quella fra la componente 'E' e il lecizio propriamente detto (che, a differenza di 'E', non ammetterebbe il quarto elemento lungo).7 Queste interpretazioni muovono dall'esame del contesto metrico-ritmico: analogamente, Poltera inserisce tra i cretici il cosiddetto ipodocmio (−⏑−⏑−, da lui definito «Creticus longus»), ma riscontra un'attestazione del docmio attico (⏑−−⏑−) nella strofe del celebre frammento di Danae prigioniera (F 271, in quelli che secondo la colometria dell'editore, innovativa rispetto a quella di Page, sono l'ottavo e il dodicesimo verso della strofe); in tal modo accoglie il suggerimento indicato a suo tempo da Pretagostini,8 che rivendicava anche ai poeti non tragici la possibilità di usare questa sequenza. Va in ogni caso osservato che due cola identici, anche qualora realizzino sequenze di genere diverso in contesti ritmici diversi, possono esser ritenuti, da un punto di vista diacronico (e quanto all'origine), la stessa sequenza. Di non secondaria importanza, ai fini dell'ecdotica, è la riflessione sulla lingua: superando la tradizionale assegnazione dei frammenti di Simonide all'area dialettale dorica (cfr. T 10 e T 11), Poltera, già autore di un trattato sull'argomento, cui fa continuamente riferimento,9 parla, più correttamente, di una Kunstsprache della lirica corale, non corrispondente a nessun dialetto parlato, intessuta di forme e formule 'epiche', e con un repertorio lessicale ricco di neologismi (pp. 9-10). Quanto alle alternanze Μοῖσα/Μοῦσα e μιν/νιν, Poltera conserva in tutti i casi la paradosis, non essendoci un criterio sicuro per preferire una forma all'altra. Fra le 'novità' dell'edizione va senza dubbio segnalata l'attribuzione a Simonide (F 250) della citazione restituita da Prisciano (3, 428, 13-18 GLK: χέρσονδε κωφὸν ἐν φύκεσσι πίτνει), in precedenza attribuita ad Alcmane (fr. 14c PMGF), da cui il grammatico latino trae anche il frammento immediatamente precedente. La proposta di Poltera fu avanzata già da Schneidewin e sembra confermata dalla spiegazione che Prisciano offre subito dopo la citazione, e che indica come consueta a Simonide una particolarità metrica in essa attestata. Ciò spinge Poltera a correggere anche il testo di Prisciano, ove integra Simonides subito prima del frammento. Anche in un altro caso lo studioso riporta in auge l'attribuzione a Simonide che era canonica nel XIX sec.: si tratta del F 255, tratto da un iporchema e citato da Plutarco (Quaest. conv. 9, 15) senza indicazioni sulla paternità; a partire da Reinach, e poi da Wilamowitz, esso è comunemente considerato pindarico (fr. 107 S.-M.), ma l'ipotesi ripresa (e motivata, vd. p. 429) da Poltera recupera per il poeta di Ceo l'unico frammento di questo genere letterario. Innovativa è anche la scelta di inserire il celebre F 21 (= fr. 520 PMG: ἀνθρώπων ὀλίγον μὲν κάρτος κτλ.) non fra i threnoi, come fa Page e come il contenuto pessimista e disincantato sembra suggerire, ma fra gli epinici; ciò è motivato con il fatto che tracce del frammento sono tramandate anche dal POxy. 2623 (fr. S 332 SLG), che per il resto contiene tracce di epinici. Ancora, va segnalata la 'scissione' del fr. 526 PMG, tramandato da Teofilo di Antiochia (Autolic. 2, 8, 4) in due frammenti; i vv. 1-2, tramandati anche da Stobeo (1, 1, 10), costituiscono il F 259; i vv. 2-3 Poltera li considera invece spuri (F 348), poiché ritiene impossibile che Teofilo disponesse, all'infuori di Stobeo, di una fonte più ampia. In due casi soltanto le scelte ecdotiche dell'editore sembrano meno condivisibili. Una riguarda il celebre frammento sui caduti alle Termopili (F 261): Poltera espunge il primo verso (τῶν ἐν Θερμοπύλαις θανόντων) ritenendolo una sorta di titolo inserito o da Diodoro Siculo, che trasmette il frammento (11, 11, 6), o da qualche copista; se ho inteso bene, uno degli argomenti addotti dallo studioso (pp. 468-469) è che l'esempio di Leonida, la cui lode è il vero contenuto del carme,10 non possa essere preceduto da un riferimento ai soli caduti nella battaglia delle Termopili, poiché il poeta voleva indicare Leonida come esempio e modello di tutti gli uomini valorosi della Grecia. Ora, ciò non mi sembra escluso o limitato da un riferimento ai compagni del re spartano, e potrebbe non essere casuale che il verso espunto sia un ipponatteo (−−−⏑⏑−⏑−−), che anticipa il ritmo del decasillabo alcaico (v. 3) e dei gliconei (vv. 4. 7. 9) stabiliti dallo stesso editore. Al F 258 (= 522 PMG) Poltera corregge, a fini metrici, il tràdito πάντα in πάντᾳ: ciò rende molto meno agevole la sintassi, con il verbo singolare (ἱκνεῖται, scil. ad Charybdim) che precede i due soggetti del verso successivo (αἱ μεγάλαι τ̉ ἀρεταὶ καὶ ὁ πλοῦτος), a fronte del limpido pronome prolettico dei codici, che implica, fra l'altro, una sequenza pienamente plausibile (gliconeo + reiziano esasillabico). Come si può dedurre da questi pochi esempi, l'atteggiamento del nuovo editore di Simonide sembra, in generale, meno cauto di quello di Page, e più aperto agli interventi sulla paradosis che si rendano necessari. Il contributo, apprezzabile e utile per l'acribia, la completezza e la chiarezza, è destinato a essere un'opera di consultazione fondamentale negli studi simonidei. Contents: Vorwort. Einleitung: 1. Zum Forschung; 2. Die Neuausgabe der lyrische Fragmente; 3. Historischer Kontext des simonideischen Werkes; 4. Der ‚historische' Simonides; 5. Simonides und sein dichterisches Werk; 6. Die Verbreitung des simonideischen Werk; 7. Die handschriftliche Überlieferung; 8. Anonyme Fragmente zweifelhafter Zuschreibung; 9. Zeichen und Abkürzungen. Conspectus metrorum memorabilium. A. Testimonia: 1. Artis; 2. Vitae; 3. Apophthegmata; 4. Παίγνια. B. Fragmente: I. Ἐπίνικοι; II. Παιᾶνες; III. Ἐπινικίων καὶ Παιάνων ἀποσπάσματα; IV. Ὕμνοι; V. Θρῆνοι; VI. Ναυμαχία(ι); VII. Διθύραμβοι; VIII. Ὑπορχήματα; IX. Incertae sedis; X. Glossemata; XI. Dubia et spuria. C. Kommentar: I. Epinikien; II. Paiane; III. Vermischte Papyrusfragmente: Epinikien und Paiane; IV. Hymnen; V. Threnoi; VI. Seeschlachtgedicht(e); VII. Dithyramben; VIII. Tanzlieder; IX. Fragmente unbestimmter Herkunft; X. Glossemata; XI. Zweifelhaftes und Unechtes. Literaturverzeichnis. Konkordanzen. Indices: index verborum; index fontium et testimoniorum.
Notes:
1. L'editore osserva come l'unica edizione commentata dedicata al solo Simonide lirico sia stata finora quella di Schneidewin (1835).
2. Se si tiene conto della doppia numerazione in PMG: quella progressiva di tutti i frammenti dell'opera, e quella relativa al singolo poeta.
3. Più labile è il confine fra testimonianza e frammento per quanto riguarda Imerio or. 47, 1 (pp. 189-190 Col.): ἵνα τι κατὰ σοῦ νεανιεύσωμαι ὁποῖον Σιμωνίδης ἢ Πίνδαρος κατὰ Διονύσου ἢ Ἀπόλλωνος; se Page lo inserisce tra i frammenti (574 PMG), Poltera (T 37) ritiene invece che il retore faccia riferimento non ad un'opera specifica di Simonide, ma in generale all'uso di comporre ditirambi.
4. Poltera osserva che ciò non sorprende in un poeta che la tradizione biografica degli antichi collocò fra i Sette Sapienti e Socrate. In particolare lo studioso ritiene poco verisimili i sincronismi relativi all'anno di nascita (556, in cui morì Stesicoro) e di morte (468/7, in cui scomparve Ierone, l'ultimo dei suoi protettori), nonché la notizia, fornita da Callimaco (T 51) di una sua sepoltura ad Agrigento. Inoltre Poltera, in base a un argumentum ex silentio, propone di anticipare la data dell'arrivo di Simonide presso Ierone, tradizionalmente collocato al 476, poiché mancano odi pindariche o bacchilidee che celebrino le vittorie del tiranno del decennio precedente (p. 8, n. 43).
5. Fanno ovviamente eccezione i frammenti che non contengono parole del poeta, ma riportano soltanto i titoli o gli argomenti trattati.
6. È quella categoria di metri che potremmo definire 'misti', ma per la quale Wilamowitz, Griechische Verskunst, p. 298-322, proponeva un'origine giambica.
7. Cfr. R. Pretagostini, 'Lecizio e sequenze giambiche o trocaiche', RFIC 100, 1972, pp. 257-272.
8. Cfr. R. Pretagostini, 'Il docmio nella lirica corale', QUCC 31, 1979, pp. 101-117.
9. Le langage de Simonide. Étude sur la tradition poétique et son renouvellement, Bern 1997.
10. Page (fr. 531 PMG) inserisce il frammento fra i threnoi, ma Poltera (pp. 470-471) esclude che esso sia stato eseguito in occasione di un evento funebre, anche perché ἐντάφιον di v. 3 ha chiaramente valore metaforico (p. 475).
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