Stephen V. Tracy, Pericles: A Sourcebook and Reader. Berkeley: University of California Press, 2009. Pp. xxiii, 219. ISBN 9780520256040. $17.95 (pb).
Reviewed by Gianfranco Mosconi, Università degli Studi 'Roma Tre', Roma
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Il volume qui recensito ha lo scopo di offrire in traduzione inglese “all of the passages pertaining to Pericles that were written by persons who either knew him personally or were in a position to know others who knew him well” (p. xxi).
L’opera è destinata a “teachers and students at high schools and colleges who are studying the golden age of Athens” (p. xxi). Il fatto che ci si rivolga ad un pubblico non specialistico spiega e giustifica certe caratteristiche che, viceversa, risulterebbero del tutto inadatte in un’opera rivolta direttamente a studiosi del settore: una introduzione generale sulla storia di Atene e sulla vita di Pericle (pp. 1-24); un glossario di dieci pagine (pp. 203-213) su termini basilari quali ‘Abdera’, ‘Acarnania’, ecc.; l’estrema essenzialità delle indicazioni bibliografiche (pp. 201-202), anche se sarebbe stato comunque utile segnalare i contributi di autori non anglosassoni (come, ad esempio, Loraux, Meier, Vidal-Naquet, Musti, Canfora, ecc.). Anche l’enfasi con cui a volte viene trattato il personaggio (vedi p. 14, p. 24) è un pregio didatticamente apprezzabile: ed è in fondo pienamente condivisibile.
In ogni caso, una antologia di fonti antiche su un personaggio centrale quale Pericle è sicuramente uno strumento utile anche per lo studioso, in quanto non esistono sostanzialmente lavori del genere e che le testimonianze su Pericle appartengono a fonti di carattere assai variegato per genere, tipologia, intenti, orientamento ideologico (si va da Tucidide ai comici, dai cenni in Lisia a quelli in Platone).
La scelta di limitarsi alle sole fonti contemporanee ha il gran pregio di contribuire a separare nettamente le notizie sul Pericle storicamente esistito da quelle che invece sono piuttosto relative alla ‘leggenda di Pericle’:1 leggenda che inizia a prendere corpo già alla fine del V sec. a.C. e poi più decisamente nel IV, con la trasformazione di Pericle in uno dei numi tutelari della democrazia ateniese (all’argomento sono dedicate le pp. 150-155).
I materiali sono organizzati in base alla fonte e/o alla loro tipologia. Così, dopo aver passato in rassegna quanto resta dei discorsi di Pericle per quel che gli si può attribuire con relativa certezza (pp. 27-31), dopo aver illustrato “the archaeological evidence”, distinguendo fra ‘iscrizioni e ostraka’, ‘ritratti’, ‘edifici sull’acropoli’ (pp. 32-44), il volume passa a presentare in successione i testi di carattere storico/letterario: il ritratto di Pericle contenuto in Tucidide (sia nei discorsi attribuiti allo statista ateniese, sia nei giudizi dello storico: pp. 45-95); i passaggi concernenti Pericle presenti nella commedia antica (pp. 96-108), in Erodoto (pp. 109-115), in Protagora (pp. 116-118), in Lisia, Senofonte, Platone (pp. 128-142), nella tradizione biografica confluita in Plutarco (pp. 143-149); un capitolo tratta dell’ Edipo Re di Sofocle (pp. 118-127), in relazione alla nota tesi secondo cui “much in Sophocles’ portrait of Oedipus may well recall the real Pericles” (p. 125); una ‘afterword’ tratteggia il sorgere della “legend of Pericles” già in autori di IV sec. a.C. (pp. 150-155); infine una appendice (pp. 157-200) offre l’intera Vita di Pericle di Plutarco.
I passaggi tradotti sono in totale 79 (vengono elencati alle pp. xi-xiii); tuttavia, nonostante la promessa di citare “all of the passages” di persone che ebbero rapporti diretti o indiretti con Pericle, vi sono alcune omissioni. In qualche caso si tratta di passi presenti nella Vita di Pericle di Plutarco, ma che sarebbe stato opportuno estrapolare dalla biografia plutarchea come invece viene fatto in tutti gli altri casi: non è ricordato Platone Comico, fr. 207 K.-A., apud Plut. Per. 4, 4, né l’epiteto di ‘nuovi Pisistratidi’ (Plut. Per. 16, 1), con cui hoi komikoi etichettavano i collaboratori di Pericle; alle citazioni da discorsi pubblici di Pericle avrei aggiunto quelle in Plut. Per. 14, 2 e in 18, 1. Senza aspirare alla completezza, segnalo poi l’omissione di Antistene Cinico (Socratis et Socraticorum reliquiae, ed. Giannantoni, Va 143), illuminante sull’uomo ‘Pericle’ nel privato (ma il contenuto di questo testo ritorna in Plut. Per. 24,9 e in 32,5); un cenno lo avrebbe meritato il Dionysalexandros di Cratino (test. I in PCG).
V’è inoltre da rilevare che a volte il commento che accompagna i testi sembra concentrarsi più sulle intenzioni dei loro autori, che su quanto la testimonianza ci rivela circa il personaggio (vedi pp. 59-60 per Thuc. 1, 135-138; pp. 98-99 per Aristoph. Ach. 524 ss.; pp. 111-115 per Hdt. 9, 114-122, in cui propriamente si parla di Santippo e di Ciro il Grande; pp. 138-142 per Plat. Gorg. 515e ss.). Analogamente, per un testo importante quale l’‘Epitafio’ di Pericle in Tucidide, il commento si concentra sulla struttura e il tono del discorso, evidenziando l’assenza di riferimenti a fatti, episodi, individui specifici e il fatto che, pur trattandosi di un discorso funebre, prevale un tono didattico; ma manca ogni accenno allo specifico contenuto ideologico di questo testo, fonte fondamentale per il modo con cui Pericle concepisce la democrazia ateniese.2
In ogni caso, la scelta di organizzare i testi distinguendoli secondo l’autore di provenienza non sembra del tutto convincente, se lo scopo di una antologia di fonti su un personaggio storico è quello di permettere una migliore comprensione del personaggio stesso. Una simile organizzazione del materiale ha una sua utilità nel caso di Tucidide, in quanto il giudizio dello storico sull’operato e sul ruolo di Pericle è così articolato, e quindi condizionato dalla prospettiva dell’autore, che merita un’analisi a parte; ma risulta poco produttiva quando invece ad un autore si debba una singola testimonianza o poco più. Citiamo al riguardo due esempi.
Nel capitolo dedicato a “Lysias, Xenophon, and Plato”, vengono passate in rassegna testimonianze accomunate appunto solo dal fatto di appartenere all’uno o all’altro dei tre autori, ma che illuminano aspetti diversi del personaggio ‘Pericle’ e che avrebbero acquisito quindi maggiore utilità se raccolti in diverso modo. Sono ricordati tre passi di Lisia: 12, 4; 6, 10; 30, 28. Nel primo Lisia ricorda come suo padre Cefalo si stabilì ad Atene su invito di Pericle: il passo di Lisia viene richiamato solo a dimostrazione del fatto che il padre di Lisia “at least had some personal acquaintance with Pericles”. Questo è l’unico utilizzo che l’antologia (p. 128) fa della notizia lisiana, che, considerata assieme agli altri due passi da Lisia (di tutt’altro argomento), in fondo, non ci dice nulla di particolarmente interessante su Pericle. Ben altro interesse essa invece suscita qualora la si colleghi ad un altro testo che pure trova posto nell’antologia, cioè alle parole dello stesso Pericle sul ruolo degli stranieri nella vita pubblica ateniese (in Thuc. 2, 39, 1). Messi insieme, Lys. 12, 4 e Thuc. 2, 39, 1, si rafforzano l’un l’altro, per cui la testimonianza di Lisia ci mostra come lo stesso Pericle traducesse in comportamenti concreti le proprie parole (il che conferma l’affidabilità del secondo discorso di Pericle in Tucidide come espressione veritiera del pensiero dello statista). A questo punto acquista rilievo anche il fr. 118 K.-A. dalla Nemesis di Cratino, in cui Pericle è appellato come “Zeus Xenios e Karaios”, efficacemente tradotto da Tracy (p. 106) con “Zeus of Strangers and of the Heads”: Tracy (ibid.) sottovaluta l’appellativo di Xenios come “common”, ma basta accostarlo agli altri due passi per cogliervi una polemica allusione alla disponibilità di Pericle (come uomo e come statista) verso gli stranieri (cfr. le osservazioni nel commento ad loc. in PCG).
La testimonianza dalla in Andocidem (Lys. 6, 10) ricorda che Pericle invitava gli Ateniesi ad usare, contro gli asebountes, non solo le leggi scritte ma anche quelle non scritte: Tracy (p. 129) richiama giustamente il parallelo con Thuc. 2, 37, 3 e osserva che “it appears likely that Pericles in fact was fond of calling on the authority of those unwritten laws that govern proper human behavior”; tuttavia la medesima notizia avrebbe potuto gettar maggior luce su Pericle (permettendo di acquisire “a stronger sense of his qualities as a human being”, come ci si propone a p. 24) se associata anche alle numerose testimonianze antiche che mostrano l’atteggiamento di Pericle in materia di religione, che sembra coniugare, con studiata cautela, adesione formale nella sfera pubblica e intimo scetticismo nell’ambito privato (ad es. vedi le affermazioni di Pericle in Arist., rhet. 1419a2-5, Plut. Per. 8, 9 e 32, 5, l’episodio riferito in Plut. Per. 38, 2 e il ruolo sostanzialmente edonistico che Pericle assegna alle feste religiose in Thuc. 2, 38, 1; si consideri ancora l’assenza di riferimenti al mondo divino non solo nel primo e terzo discorso di Pericle in Tucidide, ma anche nell’‘Epitafio’, che pure avrebbe ben potuto contenere richiami alle divinità protettrici di Atene).
La stessa perplessità riguarda il capitolo che raccoglie i “Pericles’ writings”, ossia quella dozzina di frasi, a parte i tre discorsi tucididei, che le fonti presentano come parole effettivamente pronunciate da Pericle: si tratta di frasi che hanno per oggetto tematiche quanto mai varie (riferimenti alla politica interna ed estera, questioni di strategia, rivendicazioni circa il proprio operato, giudizi di carattere filosofico o morale) e che avrebbero avuto maggior rilievo se, invece di essere aggregate solo perché ‘citazioni testuali’ da Pericle, fossero state accostate ad altre testimonianze su Pericle affini per argomento. Penso ad esempio all’affermazione attribuita a Pericle, ormai morente, in Plut. Per. 38, 4, (“nessuno degli Ateniesi si è mai vestito a lutto per causa mia”): Tracy liquida queste come le “obligatory last words of a famous man” e aggiunge che esse “can scarcely be credited, unless we assume that Pericles was delirious at the last” (p. 31); in realtà l’affermazione acquista un puntuale significato ideologico (tutt’altro che invenzione retorica o vaneggiamento di moribondo) se la accostiamo alla caratterizzazione dell’attività militare di Pericle e all’affermazione attribuita allo stesso Pericle in Plut. Per. 18, 1.3
Una organizzazione tematica o la possibilità di percorsi tematici, per mezzo di un indice dei passi organizzato per temi avrebbe permesso di far apprezzare in modo più efficace il vero oggetto del volume, cioè appunto la figura di Pericle, che a volte passa in secondo piano rispetto all’autore della fonte e, quindi, avrebbe reso più utile tale antologia anche ad un pubblico specialistico, in quanto gli accostamenti di passi di diversa provenienza ma di argomento simile possono offrire nuovi spunti di ricerca o almeno di riflessione.4
Con questo, oltre all’indubbia comodità didattica, tale antologia offre pur sempre, anche allo specialista, una ottima occasione di riflessione – per usare le stesse appassionate appassionanti parole di Tracy – su “this greatest of all ancient statesmen” (p. 24).
Notes
1. Su cui vedi ora il bel libro di A. Banfi, Il governo della città: Pericle nel pensiero antico, Bologna 2003.
2. Mi limito a ricordare D. Musti, Demokratìa. Origini di un’idea, Roma-Bari 1995, pp. 3 ss., 99 ss., 103 ss.
3. Anche altrove Tracy tende a liquidare sbrigativamente come inaffidabili gli aneddoti o gli eventi ricordati da Plutarco: vd. pp. 148-149, in cui la svalutazione della notizia sul ‘congresso panellenico’ fornita in Plut. Per. 17 mi pare affrettata (anche se è vero che era prevedibile che gli altri Greci si sarebbero rifiutati di partecipare al ‘congresso’ per non dover riconoscere implicitamente l’egemonia di Atene, ciò non implica che Pericle non potesse comunque intraprendere una tale mossa, di chiaro sapore propagandistico: pochi anni dopo, la fondazione di Turii, promossa da Pericle, si svolge con le stesse modalità ‘panelleniche’ volte a ribadire la supremazia ideale di Atene).
4. Penso ad uno spunto interessante come la tendenza delle fonti ad accostare in vario modo Pericle e Temistocle, che può contribuire a spiegare l’errata attribuzione dell’Odeion a Temistocle in Vitruvio, 5, 9, 1: è un aspetto degno di nota, ma vi si accenna in più luoghi nel corso del volume (vd. pp. 14-15, p. 59, p. 129, p. 130, p. 138, p. 154), senza quei rimandi interni necessari ad una consultazione più ‘tecnica’ (l’unico refuso da me riscontrato, a p. 94, riguarda proprio un rimando interno).
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