Luisa Petruzziello (ed.), Iperide: Epitafio per i caduti del primo anno della guerra lamiaca. (PLit. Lond.133v). Testi e commenti 23. Pisa/Roma: Fabrizio Serra editore, 2009. Pp. 246. ISBN 9788862270205. €85.00.
Reviewed by Claudia Greco, Firenze
[L'indice dettagliato è riportato alla fine della recensione.]
Le scoperte papirologiche dei testi iperidei alla metà del XIX secolo furono all'origine di un intenso dibattito, che coinvolse a più riprese alcuni tra i maggiori studiosi dell'epoca,1 ben consapevoli del fatto che tali ritrovamenti giungevano finalmente come preziosi contributi per la conoscenza della storia, della politica e della retorica del IV sec. a.C. Gli studi sono proseguiti anche in tempi più recenti, a dimostrare quanto ancora sia vivo l'interesse per questi testi.2 Il volume di Luisa Petruzziello, elaborazione della sua tesi di Dottorato, ripercorre le fasi di questo dibattito, al quale contribuisce con un'analisi critica ampia e dettagliata del discorso funebre di Iperide per i caduti del primo anno della guerra lamiaca (a. 323/322) e il loro comandante Leostene. Il lavoro si caratterizza infatti per l'aspirazione alla completezza: del PLit Lond. 133, testimone unico dell'orazione iperidea (siglato P), la studiosa ha fornito una descrizione papirologica, codicologica e filologica, e su queste basi ha costituito la propria nuova edizione, accompagnata dalla traduzione italiana e da un commento, motivando sempre le scelte testuali con argomenti storici o stilistici, oltre che paleografici.
La prima parte dell'introduzione (11-24) riguarda la storia del ritrovamento e l'aspetto materiale del volumen, e ripercorre le proposte di ricostruzione e collocazione dei 15 frammenti, contenenti 14 colonne di testo, ad iniziare da Babington, l'editor princeps, della cui disposizione viene confermata la validità. Pare condivisibile in particolare ipotizzare l'inizio del discorso da τῶν λόγων, come Babington nella seconda edizione e Cobet. La ricostruzione delle colonne e degli spazi tra colonne è resa difficile dalle irregolarità dello scriba: probabilmente di lingua copta, con mano inesperta traccia colonne di ampiezza diversa, talvolta correggendo i propri errori. Osservando che il testo è troppo lungo per essere stato scritto sotto dettatura, Petruzziello pensa che si tratti di un esercizio finalizzato all'apprendimento della lingua greca letteraria e forse anche del mestiere di scriba. Proprio il fatto che si tratti della scrittura di un principiante rende la datazione su basi paleografiche alquanto difficile. Tuttavia, i due testi astrologici conservati sul recto, riferibili al 95 d.C., e confronti con le scritture di altri papiri datati o databili, suggeriscono a Petruzziello una datazione verso la fine del II secolo piuttosto che all'inizio, come ritengono gli altri studiosi. Un ulteriore argomento si basa sulla considerazione che uno dei testi sul recto è un manuale di astrologia, e i rotoli su cui sono vergati i testi cosiddetti paraletterari possono essere riutilizzati anche 50 o 100 anni dopo (23). Credo che comunque l'incertezza rimanga, soprattutto in mancanza di una più esatta definizione dell'ambiente culturale di origine.
Il testo tramandato dal papiro si colloca all'interno del corpus dei discorsi di Iperide, di complessa e incerta definizione a causa della scomparsa della sua opera nel medioevo, nonostante l'apprezzamento di cui l'autore ha goduto nell'antichità. Petruzziello, raccogliendo i giudizi e le testimonianze degli antichi (cap. II, 25-33), si interroga sulla sua possibile sopravvivenza nel medioevo, e dà una risposta affermativa. Ne sono indizio alcuni frammenti di orazioni nel palinsesto di Archimede (X sec., con fogli del XII-XIII), e la notizia fornita da J. A. Kohlburger (Brassicanus), di avere visto un manoscritto con le orazioni di Iperide nella biblioteca di Mattia Corvino a Buda. Inoltre Petruzziello (27-33) giudica verosimile che Fozio abbia letto alcuni discorsi, secondo quanto egli stesso afferma in Bibl. cod. 266. Effettivamente, si può aggiungere che anche il Lessico foziano comprende un certo numero di termini iperidei: ciò farebbe supporre che possa averne avuto una certa conoscenza, almeno parziale e indiretta, e considerazione dal punto di vista stilistico.3 Potrebbe in effetti avere avuto sotto gli occhi un testimone derivante dalla raccolta tardoantica degli oratori minori, tra i quali Iperide, poi non traslitterato o la cui traslitterazione è andata perduta.4
Dalla tradizione medievale è dunque rimasta esclusa una voce di estrema importanza per la ricomposizione del dibattito politico che animò gli ultimi anni della Atene democratica: un doloroso periodo di passaggio, in cui si avvertono cambiamenti che preannunciano l'età ellenistica. Nella terza parte dell'introduzione (34-51), Petruzziello analizza le fonti relative alla questione di Arpalo, determinante per l'evoluzione degli eventi e per le vicende personali dei politici coinvolti.5 L'Epitafio è una preziosa testimonianza per una più completa comprensione della personalità e del pensiero dell'Autore: non solo un democratico radicale e spregiudicato, ma un politico consapevole e realista, che aveva saputo conciliare i valori della polis del V secolo con le nuove necessità. Molto opportunamente Petruzziello (41-45) insiste sul concetto tucidideo di πολυπραγμοσύνη, fondamento dell'imperialismo ateniese, che nell' Epitafio è giustificato dal mantenimento del diritto civile e religioso.6 Pertanto, la bella metafora di Atene come sole della Grecia (fr. b III 30-IV 20) è la rappresentazione di un κόσμος minacciato dalla barbarie macedone. In questo contesto si afferma la personalità e il ruolo politico dello stratego Leostene, straniero e comandante di mercenari (45-49).
L'enfasi sulla figura del comandante rappresenta la novità più evidente di questo testo, rispetto agli altri epitafi per i caduti in guerra, che invece esaltano l'esercito nel suo insieme. L'ampia analisi della struttura e del genere letterario (cap. IV, 52-92), accompagnata da un confronto con gli altri discorsi del corpus dei λόγοι ἐπιτάφιοι, dimostra come i vari τόποι non fossero mera convenzione, ma trasmettessero un messaggio politico alla comunità in un momento centrale della vita pubblica.7 Ad esempio, il tema del γένος e dell'autoctonia ha qui scarso rilievo, poiché la superiorità in questa circostanza porterebbe all'isolamento (75-81). In base ai toni appassionati e trionfalistici dell'orazione, Petruzziello propone di datarla tra l'inverno del 323 e la primavera del 322: dopo la sconfitta ad Abido nel marzo del 322, gli Ateniesi, memori dei successi recenti, venivano incitati a sperare nella salvezza e ad adoperarsi a oltranza per la vittoria (67-68).
Il testo critico, accompagnato da traduzione (113-141), si fonda sulla lettura autoptica del papiro e riporta le principali congetture e le integrazioni degli editori. Le tavole alla fine del volume (235-246) consentono un immediato riscontro. L'apparato critico risulta chiaramente leggibile, ed è suddiviso in due sezioni: la prima riproduce la lettura del papiro, la seconda, molto ampia, raccoglie le proposte degli studiosi, rendendo materialmente visibile l'intensità del dibattito e i ripensamenti di ciascuno. Guidata da un criterio di aderenza alla condizione materiale del papiro, al senso e allo stile, Petruzziello sceglie tra queste proposte. In alcuni punti offre anche il suo personale contributo: in fr. b III 22-23, l'integrazione κατὰ πᾶσαν τὴν Ἑλλάδα soddisfa per il senso con un intervento minimo; in IV 19, κοινὴν σωτερίαν, motivata (153-154) in base al confronto con D.S. 18.2-3, crea una contrapposizione con τοῖς δὲ ἰδίοις κινδύνοις καὶ δαπάναις; in IV 23-24, ἐπαινῆσαι ἀλείφω è plausibile, considerando che nel papiro, dopo la lacuna, la prima lettera sembra un sigma. Tuttavia mi chiedo se le tracce non siano piuttosto le estremità dei tratti obliqui di un kappa: così deve avere letto Comparetti, che integra καὶ ἄμφω, dove però ἀλιφω del papiro è certamente un errore di itacismo per ἀλείφω; in IV 25-26, ποιησόμενος tiene conto dello spazio richiesto dalle lettere in lacuna; in V8 τὸν λόγους ποιούμενον si collega alla considerazione generale della frase precedente; in VI 9, Petruzziello restaura αὐτὸν attraverso la genesi dell'errore, una banale dittografia (160); in VIII 2, mantiene αὐτῶν, riferito a τῶν Ἑλλήνων di VII 35; infine, in X 22, integra οὐκ dopo εὐδαιμονίαν, restituendo un senso più pieno, cioè che la libertà procura una compiuta felicità non senza l'autonomia (181).
Il commento (143-203) rende ragione delle scelte testuali, segnala gli snodi logici del discorso e indica alcune particolarità linguistiche, in particolare quelle che diverranno proprie della κοινή, oppure attinte al linguaggio poetico. Queste ultime, numerose, contribuiscono all'enfasi dell'orazione. Benche/ la lingua e lo stile siano oggetto di uno studio attento, si avverte forse la necessità di un confronto più dettagliato con gli altri testi dell'Autore: sebbene la loro condizione frammentaria e l'appartenenza a generi letterari diversi renda spesso complessa e incerta questa operazione, sarebbe comunque un utile possibile sviluppo della ricerca per una migliore conoscenza della prosa iperidea.8
L'appendice (207-215) illustra i singoli epitafi del corpus (Tucidide, Gorgia, Lisia, il Menesseno di Platone, Demostene) ed è seguita da un index verborum e un index nominum (219-231).
Il lavoro di Petruzziello rappresenta dunque un utile contributo: la contestualizzazione storica dell'Epitafio è ottenuta attraverso un confronto costante con le fonti, mentre l'analisi letteraria e filologica offre numerosi spunti di riflessione a quanti si occupano di storia della retorica, oltre che un'ordinata e intelligente discussione dell'imponente quantità dei dati e delle scelte personali.
Indice
Premessa. I. PLit. Lond. 133: 1. Acquisto e provenienza; 2. Descrizione del rotolo; 3. Impaginazione del testo; 4. Lo scriba; 5. Datazione e scrittura; 6. Modalità di correzione; 7. Una ipotesi di ricostruzione del volumen. II. La fortuna di Iperide nel medioevo e in età moderna: 1. La tradizione medievale di Iperide; 2. Edizioni e studi. III. Storia e politica al tempo della guerra lamiaca: 1. Iperide: 1. a. L'idea della πολυπραγμοσύνη nella politica di Iperide; 2. Leostene; 3. La guerra lamiaca. IV. Il λόγος ἐπιτάφιος come forma letteraria: 1. Il discorso funebre nella città democratica: 1. a. La genesi del λόγος ἐπιτάφιος ; 1. b. Il λόγος ἐπιτάφιος , lo status eroico dei caduti in guerra e le cerimonie pubbliche della πόλις; 2. Il corpus dei λόγοι ἐπιτάφιοι e la trattatistica antica sul λόγος ἐπιτάφιος; 3. Il λόγος ἐπιτάφιος di Iperide: 3. a. Le testimonianze; 3. b. La datazione; 3. c. La struttura; 4. Le idee e i τόποι del λόγος ἐπιτάφιος: confronto tra l'orazione iperidea e gli altri discorsi del corpus: 4. a. Encomio dell'̓αρετὴ ed elogio della πόλις; 4. b. Il rapporto con la materia storica; 4. c. Tradizione e innovazione nel λόγος ἐπιτάφιος iperideo. 5. Tecnica compositiva e stile. Bibliografia e abbreviazioni. Sigla et compendia. Signa. Ἐπιτάφιος – Epitafio. Commento. Appendice: Il corpus dei λόγοι ἐπιτάφιοι: problemi di autenticità e interpretazione; Il discorso di Pericle per i caduti del primo anno della guerra del Peloponneso (inverno 431/0 a. C.); Il frammento dell'orazione di Gorgia (fr. 6 D-K ll. 7-32; 421/0 a. C. circa): L'epitafio per i caduti in difesa dei Corinzi di Lisia (392 a. c.-386 a. C.); Il Menesseno di Platone (variamente datato dal 391 al 386 a. C.); L'orazione di Demostene per i caduti della battaglia di Cheronea (inverno 338/7 a. C.). Indices: Index verborum; Index nominum. Tavole.
Notes:
1. Babington (1858 e 1859), Cobet (1858), Sauppe (1860), Tell (1861), Comparetti (1864), Blass (1869, 1881,1894), Kenyon (1906), Jensen (1918). Si veda l'edizione della Petruzziello per i riferimenti bibliografici completi.
2. Colin (1946), Marzi (1977), Coppola (1996), ai quali si può aggiungere I. Worthington, Dinarchus. Hyperides. An Introduction, Text and Commentary, Greek Orators II, Warminster 1999. Sulla storia del testo di Iperide, anche Hypéride, Discours, éd. G. Colin, Paris 1946, 51-65.
3. Ma si veda N. G. Wilson, Filologi bizantini, trad. it. Napoli 1990, 164-167, sulla questione delle fonti del Lessico.
4. G. Cavallo, Conservazione e perdita dei testi greci: fattori materiali, sociali, culturali, in Id., Dalla parte del libro, Urbino 2002, 49-175: 104-117, sulla tradizione e perdita dei testi degli oratori (già in A. Giardina, ed., Società romana e impero tardoantico, Tradizione dei classici. Trasformazioni della cultura IV, Roma-Bari 1986, 83-172).
5. Nell'attribuzione a Demostene del ruolo di difensore della libertà dei Greci da parte della critica tardoantica e bizantina, si avverte come l'apprezzamento del suo stile appassionato determini anche il giudizio etico. Si veda ad es. la tarda testimonianza di Coricio di Gaza (VI sec. d.C.), Oratio Funebris in Procopium VIII. 49 Foerster-Richtsteig δημοσθένης...ὁ τὴν Ἑλλάδα τῇ γλώττῃ φυλάττων, ὁ πρὸς τὸ φιλίππου χρυσίον πόλεμον ἀκήρυκτον πολεμῶν, ὃς οὐκ ἀπεῖπε πρὸς φάλαγγα προδοτῶν ἀνθιστάμενος, ὃν Ἑρμοῦ λογίου παράδειγμα τῶν σοφιστῶν τις καλεῖ. Inoltre le considerazioni in Theodorus Metochites, Saggio critico su Demostene e Aristide, a cura di M. Gigante, Milano-Varese 1969. Iperide e Demostene sono associati anche negli esercizi scolastici di argomento storico, a quanto si desume da Filostrato, VSoph. II 10. 589 (Adriano di Tiro), su cui cf. Filostrato, Vite dei sofisti, a cura di M. Civiletti, Milano 2002, 586, n. 39.
6. S. Hornblower, A Commentary on Thucydides, I, Oxford 1992, 77, ad Thuc. I.32.5.
7. Sulla struttura e i contenuti dell' epitafio anche K. Prinz, Epitaphios logos, Frankfurt am Main 1997.
8. D. Whitehead, Hyperides. The Forensic Speeches. Introduction, Translation and Commentary, Oxford 2000.
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