Giuseppe Giarrizzo, Stefania Pafumi (ed.), Oggetti, uomini, idee. Percorsi multidisciplinari per la storia del collezionismo, Atti della tavola rotonda, Catania, 4 dicembre 2006. Studia erudita 11. Pisa/Roma: Fabrizio Serra Editore, 2009. Pp. 230. ISBN 9788862271530. €72.00.
Reviewed by Claudio Franzoni, Liceo-Ginnasio "Rinaldo Corso", Correggio, Reggio Emilia (Italy)
Il volume raccoglie gli atti della tavola rotonda organizzata dalla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Catania nel dicembre 2006. Dopo la presentazione del volume da parte di Enrico Iachello, Stefania Pafumi illustra gli obiettivi che avevano portato a ideare un convegno incentrato sul tema del collezionismo, aperto ad ambiti, esperienze e metodologie eterogenei. Il secondo curatore, Giuseppe Giarrizzo, svolge a sua volta una rapida riflessione generale, toccando, tra l'altro, il problema di una possibile distinzione di grado tra "raccolte" e "collezioni".
Carlo Gasparri si interroga sulla capacità della cultura antiquaria del Cinquecento e del Seicento di interpretare le sculture antiche e di riconoscerne l'iconografia; soffermandosi in particolare sulle immagini di Apollo, lo studioso dimostra come tale capacità, già ampiamente maturata verso la metà del XVI secolo, riesca a svilupparsi ulteriormente nei decenni successivi, grazie a una positiva interazione tra le dinamiche del collezionismo e quelle della ricerca erudita; particolarmente rilevante l'affermazione che "i concetti della ripetitività delle immagini antiche (...) e della loro possibile classificazione per tipi erano dati già ampiamente acquisiti dalla cultura antiquaria ed artistica del primo Cinquecento".
Valter Pinto sottopone a critica alcuni aspetti delle recenti ricerche di storia del collezionismo, e in particolare la tendenza ad attribuire un eccessivo rilievo ai documenti direttamente connessi alla collezione, finendo magari per arrivare a un'"eroicizzazione dei personaggi" e per vedere sempre nel collezionista un personaggio "originale e dalla ineffabile curiosità". Piuttosto, secondo Pinto, andrebbe verificata la reale accessibilità e visibilità delle collezioni, utilizzando a questo scopo le antiche guide e descrizioni delle città; l'esempio fornito in questo senso è quello della Napoli del Seicento.
Osvaldo Raggio propone una utile, per quanto rapida, riflessione attorno ai modelli interpretativi su cui si è imperniata la storia del collezionismo, da J. Burckhardt a J. von Schlosser, da K. Pomian fino ai saggi recenti di J. Elsner-R. Cardinal e di P. Findlen. Tali paradigmi vengono riletti in rapporto a un caso concreto, quello di Giacomo Filippo Durazzo, collezionista genovese della fine del Settecento.
Carlo Gasparri ripercorre le principali tappe dell'applicazione dell'informatica allo studio dell'arte classica, la statuaria in particolare, osservandone finalità, metodi, limiti cronologici ed ambiti tematici: il Census of the Antique Works of Art and Architecture known in the Renaissance, la Winckelmanndatenbank, il progetto Arachne e progetto Monumenta Rariora; lo studioso si sofferma in particolare sul progetto Speculum, illustrandone il tentativo di contribuire tanto allo studio della storia del collezionismo, quanto a quello della storia dell'arte antica; è infatti possibile impostare ricerche in direzioni diverse, da una parte sulle fonti, i documenti d'archivio, le testimonianze grafiche, dall'altra sui luoghi di rinvenimento e sui contesti antichi, cogliendo così l'opportunità di "ridare forma e completezza agli arredi scultorei e statuari dei grandi complessi architettonici e residenziali del mondo antico".
Maria Concetta Calabrese fa il punto sul collezionista messinese Antonio Ruffo, principe della Scaletta, personaggio del resto già oggetto di attenzione da parte di F. Haskell. Ricerche e ritrovamenti recenti hanno confermato l'importanza della raccolta seicentesca, sia per quanto riguarda la quadreria -- notevolissima per la qualità e il numero degli artisti rappresentati -- sia per quanto riguarda altri generi (gli argenti, le oreficerie, gli arazzi). L'ultima parte del saggio è dedicata al rapporto tra il principe e Agostino Scilla, pittore con spiccati interessi scientifici e collezionista a sua volta.
Stefania Pafumi analizza la raccolta antiquaria che Ignazio Paternò Castello, V principe di Biscari (1719-1786), allestì a Catania nel palazzo Biscari alla Marina; il museo venne descritto in un volume curato da Domenico Sestini nel 1787, che contiene, tra l'altro, un'accurata pianta della raccolta (p. 91, fig. 2), utile a illustrarne i criteri di ordinamento e di allestimento. Delle dieci stanze che costituivano il museo, cinque erano dedicate alle antichità: monete, gemme e cammei, epigrafi, ceramica, sculture, rilievi, elementi di decorazione architettonica, instrumentum domesticum, bronzi; si trattava di materiali che il principe aveva acquistato in più località dell'isola, ma che si era procurato anche grazie a scavi da lui stesso effettuati in città; come in molte collezioni già dal Rinascimento, anche in questa trovavano posto riproduzioni moderne in piccolo formato delle più celebri opere antiche, come il Marco Aurelio Capitolino (pp. 106-107, figg. 27-28). Riflettendo sui criteri di classificazione e ordinamento della sezione antiquaria, la studiosa tenta di tracciare un profilo della cultura collezionistica del principe, tenendo conto del fatto che le antichità si trovavano pur sempre all'interno di un museo enciclopedico; il modello seguito dal principe sarebbe quello del "museo integrato": le raccolte naturalistiche e di antichità erano intese in stretta relazione con la biblioteca e con le attività della Accademia degli Etnei, fondata nel 1744 dallo stesso principe.
Tobias Fischer-Hansen affronta la figura del teologo e studioso di storia delle religioni Frederik Münter (1761-1830) a proposito del suo soggiorno in Sicilia tra 1785 e 1786. Allievo di J. G. Heyne, anche in Italia ebbe modo di conoscere esponenti di spicco dell'antiquaria settecentesca: il cardinale Stefano Borgia, William Hamilton, Alois Hirt, fino a eruditi e studiosi siciliani come Salvatore e Giovanni Di Blasi e Saverio Landolina. A Palermo, dove non riuscì invece a incontrare Lancillotto Castelli di Torremuzza, si occupò in particolare di ceramica greca, a cui del resto più tardi dedicò un saggio di carattere iconografico. Ma è soprattutto il soggiorno nella Sicilia orientale a lasciare un segno nel resoconto del viaggio in Italia, che Münter pubblicò nel 1788-1790. Il rapporto con l'archeologo danese G. Zoega fu importante per l'impostazione della collezione di Münter, ma fu altrettanto importante la conoscenza della raccolta del principe di Biscari a Catania e di quella che a Velletri aveva allestito Stefano Borgia, figura conosciuta, del resto, tramite Zoega stesso. La collezione di Münter si articolava su classi diverse: monete, gemme e, soprattutto, iscrizioni greche, etrusche, romane ed egizie; va segnalato il gruppo di bolli laterizi delle legioni acquisito dalla raccolta Nani di Venezia, da cui proveniva anche un rilievo votivo ellenistico passato poi a Copenaghen e poi perduto. Nella collezione di Münter erano inoltre presenti un frammento di victimarius dall'arco di Tito e i frammenti di un fregio in terracotta da un tempio italico scoperto nel 1784 a Velletri. Il saggio si conclude con l'esame del contributo offerto da Münter alla commissione nata nel 1807 per la tutela delle antichità della Danimarca e per la creazione di un museo nazionale ad esse dedicato.
Stefania Pafumi è autrice anche di un secondo saggio dedicato al museo del convento benedettino di San Nicola l'Arena di Catania e ai due personaggi che ad esso furono strettamente legati, i monaci Vito Maria Amico e Placido Maria Scammacca. La ricerca offre anche l'occasione per compiere una ricognizione nel panorama del collezionismo privato della Catania del primo Settecento, quel collezionismo che in parte dovette contribuire alla formazione della raccolta monastica. Un episodio del tutto straordinario connesso alla nascita del museo è costituito dal rinvenimento di un "columbaro antico" nel 1751 e dal tentativo -- poi fallito nonostante il consistente impiego di uomini e mezzi -- di trasportarlo all'interno del convento stesso. Dopo la sua fondazione tra 1747 e 1741, la struttura del museo -- rimasta quasi intatta fino alla metà del XIX secolo -- è ben documentabile: le cinque sale in cui si articolava la raccolta contenevano rispettivamente la ceramica antica, materiali di storia naturale, oggetti vari (porcellane, arredi, carte da gioco etc.) e il medagliere, bronzi e armature, sculture e iscrizioni antiche. Furono piuttosto consistenti le somme a disposizione per l'allestimento e per gli acquisti effettuati sia in Sicilia che nel continente, a Roma, Napoli ed Ercolano. Alcuni di essi furono mirati ad arricchire la sezione appositamente riservata a biblioteca del museo, contenente cataloghi di altri musei e volumi utili allo studio degli oggetti posseduti. Il museo era accessibile al pubblico e la visita di Jean Houel (1778) è documentata da alcuni acquerelli dedicati a rilievi antichi presenti nella collezione; ma vanno registrati anche i giudizi fortemente critici sui contenuti e sui criteri di allestimento espressi da due illustri visitatori come D. de Dolomieu (1781) e J.-D. Vivant Denon (1788).
Barbara Mancuso disegna prima di tutto il panorama del collezionismo siciliano tra Sette e Ottocento, con particolare attenzione alla presenza dei dipinti; si tratta di diverse collezioni private, come quella del duca C. Ventimiglia a Palermo, ma anche del museo benedettino di San Martino alle Scale nella medesima città. Anche nel museo benedettino di S. Nicolò l'Arena della città etnea -- già preso in esame nel saggio di S. Pafumi -- era visibile una cospicua quantità di quadri, disposti, a quanto pare, lungo le pareti di tutte le cinque sale in cui si articolava la "Galleria". La studiosa si sofferma sulle modalità e sui tempi delle acquisizioni dei dipinti ed esamina alcune opere già appartenute alla raccolta, oggi presso istituzioni museali diverse; l'impressione è che la quadreria si sia formata senza una precisa linea di gusto, ma a seconda delle disponibilità e delle occasioni via via presentatesi.
Il saggio di Maria Rosa De Luca presenta i risultati di una ricerca ancora in corso sul Settecento musicale a Catania, che ha consentito di individuare i legami che unirono le attività musicali di quel secolo con due sedi di cultura come il palazzo del principe di Biscari e il monastero dei Benedettini. Secondo l'autrice dovette esistere una sorta di collezionismo musicale, come dimostrerebbero ad esempio i 25 grandi libri liturgici destinati al cantus choralis nel monastero benedettino; si tratta infatti di corali effettivamente usati, ma, nello stesso tempo, di volumi a tutti gli effetti compresi nella ricca biblioteca benedettina.
Giuseppe Giarrizzo traccia infine un bilancio del convegno e fa notare come lo studio dei fenomeni collezionistici, ben al di là del semplice accumulo di dati, possa assumere un più vasto rilievo storico, culturale e antropologico. "Oggetti, uomini, idee" alterna, in conclusione, saggi a carattere prevalentemente metodologico e saggi incentrati su specifiche raccolte; per quanto orientato soprattutto sulla situazione siciliana, il volume -- particolarmente curato anche dal punto di vista grafico -- si rivela senz'altro stimolante e utile per gli studiosi di storia del collezionismo.
TAVOLA DEI CONTENUTI
Enrico Iachello: Presentazione, 9-10
Stefania Pafumi: Oggetti, uomini, idee. Le ragioni di un incontro sul collezionismo, 11-13
Giuseppe Giarrizzo: Collezionismo e collezionisti, 15-17
Carlo Gasparri: Interpretazione e reinterpretazione dell'immagine antica nelle collezioni romane del XVI e XVII secolo, 19-40
Valter Pinto: Vedere le collezioni. Il contributo della letteratura di periegesi, 41-46
Osvaldo Raggio: La passione per le cose. Collezionismo e paradigmi interpretativi, 47-52
Carlo Gasparri: Un percorso interdisciplinare nella storia del collezionismo: banche dati sulla scultura antica, 53-69
Maria Concetta Calabrese: Scienza e collezionismo nel Seicento meridionale: il caso Ruffo", 71-85
Stefania Pafumi: Le antichità del principe di Biscari: scelte e criteri espositivi di un collezionista tra antiquaria e nuova scienza archeologica, 87-115
Tobias Fischer-Hansen: Frederik Münter in Syracuse and Catania in 1786: Antiquarian Legislation and Connoisseurship in 18th Century Sicily, 117-137
Stefania Pafumi: Un progetto per la storia del museo e delle collezioni dei Padri Benedettini di Catania: problemi, prospettive, primi risultati, 139-178
Barbara Mancuso: Possedere "un po' del tutto". Quadri tra antico e natura nel museo del monastero di San Nicolò l'Arena a Catania", 179-211
Maria Rosa De Luca: La musica a Catania nel Settecento tra collezioni e consumi culturali. Prospettive di ricerca, 213-227
Giuseppe Giarrizzo: Considerazioni conclusive, 229-230.
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