Reviewed by Giuseppe Squillace, Università degli Studi della Calabria, Rende, Italia (giuseppesquillace@libero.it)
Lo studio di John G. Zumbrunnen prende in considerazione l'opera di Tucidide cercando di cogliervi alcuni tratti caratteriali della democrazia ateniese negli anni della guerra del Peloponneso. In particolare Zumbrunnen tenta di definire quanto peso avessero avuto figure forti come Pericle, Cleone e Alcibiade sull'opinione pubblica e quanto avessero influenzato le decisioni dell'assemblea popolare ateniese.
Nelle pagine di Tucidide perciò lo studioso va alla ricerca delle situazioni nelle quali, meglio che in altre, gli oratori di turno avrebbero potuto ridurre il popolo al silenzio accettando passivamente le loro proposte. Il silenzio appunto, un tema alquanto spinoso specie per il mondo antico per il quale le fonti di informazione sono nella maggior parte dei casi lacunose e incomplete e inducono lo storico, più che per altri settori e altre epoche, a fare uso di tutti i materiali e di tutte le informazioni disponibili (fonti letterarie, fonti epigrafiche, archeologiche, numismatiche).
Che l'impostazione del lavoro non sia certamente di taglio storico-filologico quanto di scienza della politica lo fa intendere con chiarezza Zumbrunnen sia nell'introduzione, nella quale si richiama al pensiero politico di Aristotele, prima, e della Arendt, poi, sia, soprattutto, nella conclusione nella quale, invece, sulla scia di storici, intellettuali e giornalisti di oggi, attualizza il racconto tucidideo confrontando la spedizione in Sicilia con l'intervento militare americano in Iraq.
Il volume si articola in sei capitoli aperti da una premessa e da un'introduzione e seguiti da una sezione conclusiva, dalla bibliografia, dall'indice di nomi, luoghi e cose notevoli. Non è affatto agevole riassumere i contenuti e le principali argomentazione del volume di Zumbrunnen dal momento che l' autore non apre e chiude i temi affrontati nei singoli capitoli ma li sviluppa in diverse parti di ciascuno di essi richiamandoli costantemente nel corso dello studio. Per sommi capi si può dire che nel primo capitolo Zumbrunnen affronta l'insurrezione verificatesi a Corcira alla vigilia del conflitto peloponnesiaco; nel secondo il dibattito sviluppatosi ad Atene e scandito dai discorsi di Cleone e Diodoto in relazione alla decisione da prendere verso la città di Mitilene; nel terzo riflette più in generale sui discorsi dei diversi oratori ad Atene nel corso della guerra e sul loro peso nelle decisioni del popolo; nel quarto capitolo, partendo dal ruolo di Pericle e dalla sua indubbia capacità di influenzare il popolo, traccia un confronto tra lo stesso Pericle e Alcibiade e tra Pericle e Cleone e Diodoto interrogandosi su quanto questi ultimi avrebbero recuperato dall'insegnamento del loro predecessore e sulla loro capacità di rendere in qualche modo silente il popolo; nel quinto affronta il rapporto tra il popolo ateniese e la giustizia, soffermandosi sul difficile nesso tra rispetto della giustizia e consolidamento dell'impero; nel sesto e ultimo si interroga sulla sorte della città alleata Platea lasciata dal popolo ateniese al saccheggio e alle atrocità degli Spartani.
Selezionando alcuni momenti della guerra del Peloponneso ricordati da Tucidide l'autore cerca di rispondere ai seguenti quesiti che costituiscono poi il filo conduttore della sua ricerca: in che occasione il popolo ateniese rimase silente? E che peso ebbero nella determinazione di questa presunta passività le argomentazioni dei politici? Pur avendo operato una selezione dei temi, precisato in partenza il taglio più politico che storico della sua ricerca (si giustifica così anche la stringata bibliografia citata e l'assenza in essa di tante opere di argomento più strettamente storico e filologico esistenti su Tucidide), rilevato nella sua introduzione (p. 18) i pericoli di un tale approccio che potrebbero portare a dare ai silenzi di Tucidide un significato assai più pregnante di quanto in effetti non abbiano, tuttavia Zumbrunnen non si sottrae del tutto alle insidie di un tema, il silenzio, che risulta tanto più spinoso quanto più se analizzato in riferimento al mondo antico. Pur limitandosi a Tucidide ed evitando accuratamente di estendere la ricerca al di là di questo autore, vale a dire a quelle fonti che insieme allo storico ateniese fanno luce sulla guerra del Peloponneso, le conclusioni di Zumbrunnen sul silenzio del popolo ateniese in qualche modo determinato e / o favorito dalle argomentazioni degli oratori di turno, da Pericle a Cleone, a Diodoto, ad Alcibiade, si scontrano con l'intensa attività legislativa del popolo ateniese su diverse e complesse questioni attestata dalla parallela documentazione epigrafica. Alla luce di ciò la mancanza di dati in Tucidide sul popolo e sulla sua azione legislativa non va vista come attestazione di effettivo silenzio e inattività, ma va legata solamente al taglio che lo storico intese dare alla sua opera nella quale, come ogni storico faceva, privilegiò alcuni dati e ne tralasciò altri: oggettivamente sarebbe stato difficile anche per Tucidide riportare tutto il dibattito, tutte le differenti affermazioni che verosimilmente, come del resto avveniva in ogni assemblea, dovettero levarsi in tante situazioni in relazione alla discussione sui diversi problemi all'ordine del giorno.
C'è poi il problema relativo ai discorsi in Tucidide e, più in generale, in tutta la documentazione antica dopo Tucidide. È noto che lo storico ateniese (ma anche, ad esempio, Arriano e Curzio Rufo per i discorsi di Alessandro Magno) costruisce (come lui stesso precisa nei primi capitoli della sua opera e come Zumbrunnen non manca di sottolineare (p. 48)) i suoi logoi sulla base del verosimile servendosi peraltro nella loro articolazione delle nuove tecniche dei discorsi contrapposti o dissoi logoi che i sofisti avevano introdotto proprio nel V secolo. Ad esempio, le argomentazioni contrapposte nei discorsi di Cleone e Diodoto, pur rispecchiando verosimilmente quanto i due oratori avevano effettivamente detto, tuttavia vanno considerati alla luce di tale rielaborazione in chiave retorica operata dallo storico. Coglie questa oggettiva difficoltà lo stesso Zumbrunnen, in relazione ai discorsi antitetici di Cleone e Diodoto pronunciati in relazione all'atteggiamento ateniese verso Mitilene, ricordando (pp. 86-88) come rimangano per alcuni versi oscure le argomentazioni retoriche usate dai due oratori che riuscirono a persuadere il popolo nella sua decisione finale.
Pur scritto in forma semplice e discorsiva e con un taglio editoriale volto a favorire la lettura anche da parte di un pubblico di non addetti ai lavori, lo studio di Zumbrunnen risulta non sempre facile da seguire nelle sue diverse argomentazioni. Certamente la scelta di non citare testi o termini greci se non in forma traslitterata, così come di ridurre al minimo le note rispondono a questa finalità divulgativa sempre più diffusa anche nei lavori di argomento più spiccatamente classico. Tuttavia proprio la limitazione delle note finisce per appesantire il testo nel quale Zumbrunnen è costretto sia a porre le diverse argomentazioni degli studiosi citati, sia a richiamare continuamente le parti del volume nelle quali gli argomenti sono stati o saranno trattati in forma completa.
Le parti certamente più originali dello studio sono legate all'attualizzazione del testo di Tucidide. Nei capitoli introdottivi della sua opera, Tucidide indica nella storia un possesso per l'eternità. A ragione Zumbrunnen riferisce questa lezione all'attualità americana e mondiale richiamando le discussioni e i discorsi pieni di retorica patriottica seguiti all'attentato dell'11 Settembre e rilevando come, anche in questo caso, la facoltà di critica del popolo americano fu tacitata dalle argomentazioni impiegate nell'occasione che ebbero come immediata conseguenza l'intervento militare prima in Afganistan, poi in Iraq. Come in Tucidide, dunque, anche in vicende assai recenti la parola di pochi sarebbe riuscita a influenzare il parere di molti. In questo caso al popolo ateniese si sarebbe sostituito quello americano analogamente soggiogato dalle abili argomentazioni degli oratori di turno: argomentazioni che portano a ragione Zumbrunnen a recuperare dal passato e, più in generale, dall'opera di Tucidide un insegnamento per il presente tristemente connotato, come nella metà del V secolo, da conflitti ricorrenti.
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