Reviewed by Giampiero Scafoglio, Università di Salerno (scafogli@unina.it)
Questa pubblicazione, nata dall'attività svolta dall'Autrice come "research assistant" durante il suo "Master's degree" all'Università di Victoria in Canada, riguarda una particolare forma di mnemotecnica (basata sulla memoria visiva e cinestetica, cioè sull'associazione delle idee con le immagini e sulla loro combinazione in apposite sequenze) sia come materia didattica nelle scuole di retorica, sia come strategia di propaganda politica, sia come prassi quotidiana (non solamente delle classi colte ma, in forma semplificata, che esula dalla scrittura, anche della gente comune) nell'antica Roma. L'Eneide è chiamata in causa per verificare come l'arte della memoria si rispecchia nella produzione letteraria e come, di conseguenza, ne fornisce una possibile chiave di lettura.
Il primo capitolo (p. 7-42) prende in esame il paesaggio urbano nel periodo augusteo, concepito come "an archive which ordered memories and made them accessible to people from all social strata" (p. 7). Già in epoca repubblicana la via Appia si configura come "a Roman mnemonic gallery" (p. 8), delimitata com'è dalle tombe di personalità prestigiose e famiglie illustri, che consegnano alla collettività la memoria delle proprie gesta e virtù mediante le iscrizioni e le immagini: "both a visual and cultural experience" (p. 9), leggibile in forma letteraria o puramente visiva. Questo processo, avviato nel periodo repubblicano, è portato a uno sviluppo sistematico e cospicuo da Augusto, che consolida il proprio potere e fomenta il consenso "by constructing and manipulating memories" (p. 17) per mezzo di monumenti come il Mausoleum Augusti, il Solarium o Horologium Augusti (simbolo del tempo infinito attinto e gestito dal princeps, al pari del dio-sole Apollo, suo protettore), l'Ara pacis (rappresentazione della conquista più preziosa, la restaurazione della pace). I monumenti si inseriscono funzionalmente nel paesaggio urbano, che li incornicia e li esibisce adeguatamente, potenziando il loro impatto visivo sui cittadini. Augusto sembra seguire i precetti dell'Auctor ad Herennium, che prescrive di convertire i concetti da memorizzare in oggetti visivi con caratteri specifici (tali da rimanere impressi nel ricordo) e di collocarli ciascuno in un proprio luogo, in modo da formare un percorso tematico. Ciò è evidente soprattutto nel Forum Augusti, posto nel cuore del contesto urbano e imperniato sul tempio di Mars Ultor, intorno a cui si dispongono i monumenti dei summi uiri, i grandi uomini del passato, "whose memory was forever to be memorialized in conjunction with Augustus" (p. 27).
Il secondo capitolo (p. 43-63) verte sull' "architectural mnemonic system" discusso dall'Auctor ad Herennium (3, 16-21), da Cicerone (De or. 2, 87-88) e da Quintiliano (Inst. 11, 2), che prescrivono all'allievo-oratore un esercizio mentale consistente nel ricorso a "concrete imagery of physical loci, such as colonnades or elaborate houses, to remember heterogeneous information" (p. 44). I concetti da ricordare (siano essi res o uerba) devono essere identificati con oggetti visivi (imagines) da disporre in ordine logico e da inquadrare in appositi spazi (loci) corrispondenti ai luoghi urbani, "so that the memory is able to easily visually imprint and embrace all the needed information as well as reel it off in order when needed" (p. 50). L'efficacia di tale mnemotecnica è verificata dall'Autrice alla luce delle moderne ricerche di psicologia e scienze cognitive: i precetti degli antichi oratori trovano riscontro (pur a un livello più maturo e consapevole) nel lavoro scientifico dello psicologo Francis Bellezza, nell'esame condotto da Jonathan Spence sul metodo mnemonico di Matteo Ricci (un gesuita italiano del XVI secolo), nello studio svolto dal neuropsichiatra A. R. Luria su Solomon Shereshevskii (un giornalista russo del XX secolo), "whose prodigious memory was based on using places and mental imagery" (p. 54). Il moderno lavoro scientifico quindi sembra confermare i principi metodologici prescritti dagli autori classici.
Nel terzo capitolo (p. 64-103) è presa in considerazione l'influenza esercitata dalla mnemotecnica sull'Eneide, di cui sono analizzate le principali scene descrittive in funzione ideologica. Il poema "can be viewed as a literary monument in that Virgil constructs a connection between the figures of the past and contemporary Rome", secondo il progetto politico di Augusto, "in order to stimulate specific remembrances in his readers" (p. 64). Nel perseguire questo scopo, Virgilio sembra applicare i precetti retorici discussi nel capitolo precedente. Una conferma sarebbe offerta dalle forme verbali di percezione usate nelle scene in questione (ad esempio uideo, agnosco, cerno, conspicio), che per le loro potenzialità semantiche servirebbero, secondo l'Autrice, "to suggest that the visual images seen by the characters are not only physical, but are also imaginative and part of their inner vision" (p. 65). La discussione prende le mosse dalle arte laboratae uestes che adornano le mense nella reggia di Didone (1, 639-642): non si tratta soltanto di "a part of the stately display", bensì di un tipo di "memory system" paragonabile ai ritratti degli antenati custoditi dai Romani ed esposti nei loro atri "to inspire family members and impress visitors" (p. 69). Ne fa fede l'espressione series longissima rerum (v. 641), che dà l'idea di una sequenza ordinata di immagini, usata da Didone "in the same way as an orator would mentally link a series of images together in order to accurately remember the contained information" (p. 70). Lo stesso vale per i ritratti degli antenati esposti da Latino nel palazzo reale ex ordine (7, 177) "to act as visual memory prompts", appunto per offrire "mnemonic reminders to guests and family about the past" (p. 91). Il discorso riguarda altresì i dipinti osservati da Enea nel tempio cartaginese (1, 456-494), il quale in tal modo "is transformed into a monument deliberately designed to provoke memories" (p. 79): le scene descritte, Iliacas ex ordine pugnas (v.456), sono delimitate da "locative phrases" come nec procul (v.469) e parte alia (v.474) "to emphasize the spatial distinction between each tableau" (p. 74).
Il punto più interessante riguarda il libro VI. Gli incontri di Enea nell'Averno, in particolare con Deifobo e con Didone, sono ambientati in loci precisamente delimitati "by the use of specific locative words" (p. 81): i personaggi riconosciuti dall'eroe troiano "both physically and mentally" si segnalano e si imprimono nel ricordo "by some identifying characteristic" (p. 82), come il corpo orrendamente mutilato di Deifobo. L'incontro di Odisseo con i morti nel libro XI dell'Odissea ha in comune col racconto virgiliano l'avvicendarsi di personaggi del passato, che il protagonista deve riconoscere e ricordare: però, diversamente da Odisseo, che resta fermo all'ingresso dell'Ade, Enea lo attraversa e vede scorrere davanti a sé i diversi personaggi, ciascuno in un proprio ambiente: "moving through different mental loci is key to using the Roman mnemonic system" (p. 83). Nell'Eneide dunque la catabasi si configura come "both a reflection of the Roman system of artificial memory and ... a poetic monument" (p. 86). Ciò vale tanto più per il discorso di Anchise, che mostra a Enea i personaggi del futuro romano longo ordine (6, 754), "all set up in a sequence and spatially arranged so they are set apart from one another" (p. 90). Il percorso di Enea verso il futuro romano prosegue poi nel regno degli Arcadi (scil. nel libro VIII): Evandro lo conduce tra i loci del Lazio antico, che forniscono "the visual prompts needed to remind him of past individuals and events" (p. 92). Lo scopo, costituente il nerbo ideologico del poema, consiste nel fissare nel ricordo di Enea (e del lettore) "the information associated with the different monuments and places" (p. 93). A conferma dell'analisi condotta su queste scene, l'Autrice invoca infine la terminologia usata in relazione alla memoria, a partire dalle ragioni dell'ostilità di Giunone (1, 23-28), descritte "as being stored away, deep in her mind" (p. 101). Virgilio quindi sembra possedere e applicare nel poema, consapevolmente o inconsciamente, "the place memory system" insegnato ai giovani aspiranti oratori dai loro maestri. L'influenza di questa mnemotecnica si riscontrerebbe sia nella strategia virgiliana della descrizione (basata su immagini allineate ordinatamente e circoscritte ciascuna in una propria cornice) sia nella sua funzione ideologica, consistente nel riferire la rappresentazione figurativa alle tematiche politiche (così come i concetti sono legati dagli oratori a elementi visivi). Le linee della discussione sono riportate in sintesi nella conclusione (p. 104-105), seguita da una scarna bibliografia (p. 106-109).
Le idee sostenute dall'Autrice in parte non sono nuove: infatti è noto e solidamente acquisito lo scopo politico-propagandistico perseguito dai monumenti e dai percorsi urbani, soprattutto nel periodo di Augusto. Originale è invece l'attenzione per la mnemotecnica basata sulla memoria visiva e cinestetica e per la relativa precettistica retorica. È senz'altro interessante l'esame comparativo dei passi dell'Auctor ad Herennium, di Cicerone e di Quintiliano, sui quali però si poteva attingere un maggiore approfondimento, a partire dalla questione squisitamente filologica delle fonti (l'Auctor ad Herennium elabora suo Marte quel peculiare criterio o lo apprende da altri? Cicerone si rifà a lui o a un modello comune?). La tesi dell'Autrice, che l'Eneide riveli qua e là l'influenza di tale mnemotecnica, non è priva di buone argomentazioni e in certa misura mi sembra condivisibile, sia pur con qualche riserva. Le prove linguistiche non sono convincenti, anche perché non si fondano sull'analisi metodica della lingua virgiliana e neppure su un'adeguata bibliografia lessicografica e storico-linguistica: verbi come uideo, agnosco, cerno, conspicio possiedono uno spessore semantico cospicuo, con diverse accezioni e sfumature, da considerare alla luce di una rassegna ragionata delle varie occorrenze registrate nell'Eneide. Non si può fare affidamento soltanto sull'Oxford Latin Dictionary, che dovrebbe essere affiancato da strumenti più potenti e raffinati, come il Thesaurus linguae Latinae, il datato ma sempre utile Lateinisches etymologisches Wörterbuch di Walde e Hofmann, il Dictionnaire étymologique de la langue latine di Ernout e Meillet (nell'edizione corretta e ampliata da J. André, Paris 1985).
Insufficiente, da ultimo, il quadro critico di riferimento su Virgilio, sia per quanto riguarda il suo profilo in generale, sia in merito ai passi presi in esame. Ad esempio, poteva essere utile (non soltanto per il terzo capitolo, ma anche per il primo) Karl Galinsky, Augustan Culture (Princeton 1996). Sulla relazione tra memoria e ideologia nelle profezie dell'Eneide si potevano confrontare le opposte visioni di E. Henry, The Vigour of Prophecy (Bristol 1989) e J. O'Hara, Death and the Optimistic Prophecy in Vergil's Aeneid (Princeton 1990). Si doveva citare poi almeno qualcuno tra i numerosi contributi riguardanti i dipinti nel tempio cartaginese (per esempio R. D. Williams, "CQ" 10, 1960, 145-151; S. Lowenstam, "CW" 87, 1993, 37-49; A. La Penna, "Maia" 52, 2000, 1-8). Tra i commenti virgiliani è menzionato quello di Austin al libro II; se non che per il libro VI, da cui sono presi in esame passi importanti, è tralasciato il pregevole commento dello stesso autore e perfino quello imprescindibile di Norden. D'altronde i titoli elencati nell'indice bibliografico (poco più di 60, di cui meno che un terzo dedicati a Virgilio) sono tutti esclusivamente in inglese.
Nonostante questi limiti, il libro resta complessivamente stimolante e piacevole da leggere, anche per la limpidezza e la fluidità della scrittura.
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