Jonathan Powell (ed.), Logos. Rational Argument in Classical Rhetoric. Bulletin of the Institute of Classical Studies, Supplement 96. London: Institute of Classical Studies, University of London, 2007. Pp. vii, 139. ISBN 978-1-905670-10-9. £24.00.
Reviewed by Giuseppe Squillace, Università della Calabria
Logos ovvero l'arte della comunicazione nel mondo antico. Curato da Jonathan Powell e presentato in una veste tipografica assai gradevole, il volume è diviso in sei capitoli ognuno dei quali su un aspetto differente della comunicazione nel mondo antico, tema, questo, sempre di grande attualità. Più che da un punto di vista storico, il tema è affrontato da una prospettiva filosofica e di tipo tecnico. Della comunicazione infatti sono posti in evidenza e analizzati non solo quali effetti avessero sull'uditorio diverse argomentazioni ma anche quali fattori tecnici l'oratore impiegava per inoculare la persuasione.
Ognuno dei sei contributi affronta un problema specifico. Michael Gagarin (Rational argument in early Athenian oratory, pp. 9-18) prende in considerazione i discorsi di Antifonte la cui opera è in parte sopravvissuta; Christos Kremmydas (Logical argumentations in Demosthenes, Against Leptines, pp. 19-34) analizza la tecnica compositiva seguita da Demostene nella costruzione dei suoi discorsi e, in particolare, nel Contro Leptine; Jacob Wisse (The riddle of the Pro Milone: the rhetoric of rational argument, pp. 35-68) e Lynn Fotheringham (Having your cake and eating it: how Cicero combines arguments, pp. 69-90) prendono in esame la tecnica compositiva di Cicerone nella Pro Milone; Peter Mack (Rhetoric and dialectic in the Renaissance, pp. 91-104) pone in evidenza gli stretti nessi tra dialettica e retorica in età rinascimentale, infine Malcom Heath (Teaching rhetorical argument today, pp. 105-122) descrive gli effetti delle tecniche retoriche antiche su un uditorio di studenti. Il lavoro è introdotto dal curatore (pp. 1-8) e chiuso da una scheda bibliografica contenente l'elenco dei lavori citati (pp. 123-131) e da un indice dei nomi e delle cose notevoli (133-137).
Logos è un elemento della triade istituita da Aristotele,1 che lo abbina a ethos e pathos ovvero, tradotto in termini moderni, la triade che comprende soggettótema, fontémittente, destinatarióuditorio, tutti finalizzati in vario modo a persuadere. Tale processo, evidenzia Powell, presuppone un dibattito in strutture governative a sfondo democratico, un dibattito che, oltre a fondarsi su fatti reali, si costruisce attraverso le tecniche della retorica che, già con Gorgia di Leontini, insegnavano a rendere più forte il discorso più debole.2 Argomentazioni che avevano nella chiarezza dell'esposizione la loro prima arma per far presa sull'uditorio, ma che si fondavano anche su tutta una gamma di espedienti mirati a rendere più incisivo il ragionamento e ottenere il consenso dell'uditorio. Tale processo di creazione del consenso è seguito in vario modo nei diversi contributi inseriti nel volume. Partendo dall'abilità nel parlare intesa come principale virtù dell'oratore fin dai poemi omerici,3 e monitorando l'evoluzione delle tecniche da Solone4 agli oratori di V e IV secolo, Gagarin prende in considerazione i discorsi di Antifonte al fine di recuperare in essi, contrariamente a quanto sostenuto da altri studiosi, la presenza di elementi di razionalità che, mescolati sapientemente ad altri fattori, potevano innestare la persuasione nell'uditorio. Anche Kremmydas va alla ricerca del logos, inteso come argomentazione razionale, nel discorso di Demostene Contro Leptine. Lo studioso richiama ancora una volta lo schema ethos, pathos, logos ricordando come nella sua Retorica Aristotele rilevasse nel logos tre pisteis tutte volte a persuadere il pubblico: la prima era costituita dal carattere dell'oratore; la seconda dalla sua capacità di ben disporre il pubblico in ascolto; la terza dalle argomentazioni impiegate. L'analisi della Contro Leptine permette allo studioso di rintracciare questi elementi nel discorso di Demostene. Tra gli strumenti volti ad indurre la persuasione, Kremmydas individua l'uso di esempi tratti dal passato, ovvero la strumentalizzazione della storia éo del mito in funzione degli obiettivi del discorso, tema questo peraltro oggetto di studi.5 In altri termini la capacità e l'abilità dell'oratore di sottoporre all'attenzione del pubblico, ma adattandoli e incastrandoli nel proprio discorso e molte volte deformandoli, temi e vicende a tutti noti. La strumentalizzazione del passato diventa così una costante nel discorso di Demostene che peraltro non mancherà, anche nei suoi successivi discorsi contro Filippo II di Macedonia, al pari dei suoi contemporanei Speusippo, Teopompo, Antipatro di Magnesia, Eschine, di adattare il passato all'economia e agli obiettivi del proprio discorso, in una forma di comunicazione che, così manipolata nei suoi elementi informativi, si configura come propaganda.6
Il rapporto tra teorie della retorica e pratica oratoria è preso in considerazione negli studi di Jakob Wisse e Lynn Fotheringham, due lavori in qualche modo gemelli che analizzano le tecniche compositive impiegate da Cicerone nelle sue orazioni e, in particolare, nella Pro Milone. Nell'analisi del discorso Wisse sottolinea gli elementi impiegati da Cicerone per conquistare il favore del pubblico e ottenere l'assoluzione di Milone. In questo caso l'oratore non nega la colpevolezza di Milone ma la rende giustificabile agli occhi del pubblico ricordando quanto il suo assistito aveva fatto per lo stato. La sua colpa è certamente innegabile ma è perpetrata per il bene di tutti. Presentata perciò sotto quest'ottica, l'uccisione di Clodio per mano di Milone, comunque un crimine, viene nobilitata e resa pienamente scusabile e assolvibile in relazione ai vantaggi che lo stato avrebbe ricavato dalla morte cruenta di Clodio. In questo caso allora il crimine si configura come un crimine de iure. Seguendo questa linea difensiva torna utile a Cicerone richiamare in causa strumentalmente dal passato mitico il matricidio di Oreste, anche questa un'azione cruenta ed esecrabile ma ugualmente assolvibile, come in effetti avvenne, in considerazione dell'uccisione di Agamennone per mano di Clitennestra e di Egisto e dei legittimi sentimenti di vendetta covati da Oreste. Oreste dunque come Milone, entrambi assassini e dunque colpevoli, ma entrambi assolvibili. In questo caso il logos, ovvero l'argomento razionale, si percepisce, secondo Wisse, nella chiara organizzazione dell'orazione e nell'impostazione della difesa dell'accusato.
Della medesima orazione Lynn Fotheringham evidenzia altri aspetti. In particolare si sofferma sulla tecnica di Cicerone nel combinare elementi differenti e contrari attraverso una serie di tecniche di continuo impiegate nel suo discorso. Pur constatando la violenza dell'azione omicida di Milone ai danni di Clodio, tuttavia l'oratore, servendosi di espedienti retorici assai efficaci, tende a giustificarla ammantandola di patriottismo: sebbene si tratti di omicidio, la morte di Clodio rappresenta nella strumentale interpretazione dell'oratore, un omicidio a fin di bene atto a salvare la patria. La Fotheringham recupera e accosta le espressioni impiegate da Cicerone nel suo discorso per sottolineare la liceità dell'atto omicida perpetrato, secondo l'oratore, da Milone non contro un personaggio che aveva lavorato per lo stato ma contro un criminale e un nemico della repubblica. Gli giova in questo caso (come nel capitolo 72) accostare per contrarium le azioni di Tiberio Gracco a favore della plebe con gli atti criminosi di Clodio: tale strumentale accostamento porta ad una sola conclusione: se l'uccisione di Tiberio Gracco era stata un crimine non poteva esserlo quella di Clodio.
Peter Mack analizza le opere che nel Rinascimento riportarono di attualità, tramandandole e rinnovandole, le tecniche della retorica antica. Innanzitutto l'opera di Lorenzo Valla Repastinatio dialecticae et philosophiae (1439), cui seguì il De inventione dialectica di Rodolfo Agricola (1479). Dall'opera di quest'ultimo Mack cita un esempio di abilità retorica rilevabile nell'Eneide virgiliana: il discorso ingannevole del greco Sinone ai danni dei Troiani, che, persuasi dal prigioniero, avrebbero introdotto nella loro città il cavallo di legno aprendo di fatto le porte al nemico. Analizzandolo in chiave retorica il discorso di Sinone, Agricola evidenziava come esso fosse stato costruito su una serie di elementi precisi: innanzitutto una base di verità (la fede dei Greci nella dea Pallade); poi fattori plausibili (il loro desiderio di lasciare Troia dopo dieci anni di inutile assedio) uniti a motivi assai vicini alla verità (la necessità di sacrificare come vittima umana proprio Sinone per ottenere l'appoggio degli dei, sull'esempio di quanto aveva fatto Agamennone con sua figlia Ifigenia alla partenza dall'Aulide); infine la menzogna intrecciata e confusa sapientemente tra i motivi precedentemente evidenziati: il cavallo come offerta agli dei in cambio del loro favore e di un sereno ritorno in patria e, di contro, la possibilità dei Troiani di convogliarlo su di loro nel caso avessero deciso di far entrare il cavallo nella loro città.
Infine la sperimentazione delle tecniche di retorica antiche su un uditorio di studenti è alla base del lavoro di Malcolm Health. Lo studioso propone ai suoi allievi, sulla falsariga di quanto avveniva nel mondo antico nel corso delle esercitazioni retoriche, di cimentarsi su determinati argomenti tenendo presente il tema di partenza e sviluppandolo (come, ad esempio nell'esercitazione incentrata sullo scrittore di favole Esopo e sul suo concetto di logos, p.111 ss) sia in considerazione del fattore causa, sia attraverso l'uso di analogie, esempi, testimonianze.
Il campo della comunicazione nel mondo antico è sempre più oggetto di attenzione negli ultimi anni.7 Un settore di studio che più di altri appare vario e multiforme: comunicazione come trasferimento di informazioni, ma anche comunicazione come distorcimento della notizia e inganno sia nell'ambito di un processo (ad esempio la Pro Milone di Cicerone) sia in un dibattito politico. Proprio la politica appare il terreno più fertile sul quale impiantare le tecniche della retorica determinandone un uso assai efficace. Manipolata nei suoi dati di base, in questo caso la comunicazione può diventare propaganda. Gli esempi sarebbero svariati rintracciabili non solo negli oratori, ma anche talora negli storici, che adattano il dato a precisi obiettivi ma anche a personali convinzioni. In questo senso una serie di studi come quelli contenuti nel volume di Powell finalizzati a recuperare le tecniche di costruzione dei discorsi, in altri termini, gli elementi che favoriscono la persuasione e determinano il consenso (sia esso in ambito giudiziario che politico) appare di grande giovamento in tutto il settore, dal momento che pone in evidenza (e lo ha dimostrato più di altri il lavoro di Malcolm Health) la straordinaria modernità e attualità di tecniche antiche efficaci sull'uditorio di un tempo, efficaci allo stesso modo oggi sia pure notevolmente rinforzate da strumenti di diffusione capaci di raggiungere capillarmente e in forma martellante il destinatario di turno.
Notes:
1. Aristotele, Retorica 1356a.
2. Gorgia, in Platone, Apologia di Socrate 18b.
3. Omero, Iliade III 205-224.
4. Solone F 1 W.
5. M. Nouhaud, L'utilisation de l'histoire par les orateurs attiques, Paris 1982.
6. Sul logos come propaganda specie ad Atene nell'età di Filippo II e Alessandro Magno, cfr. G. Squillace, Basileis o Tyrannoi. Filippo II e Alessandro Magno tra opposizione e consenso, Soveria Mannelli 2004.
7. I. Worthingthon (ed.), A companion to ancient greek rhetoric, Oxford 2007.
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